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capitolo decimosecondo. 75

stita che cercava di tôrre ad imprestito venti lire siccome bisognosa di danari, impegnando questi occhiali e dicendo che li dava per metà del loro valore. Il primo gentiluomo che già mi faceva da amico, mi soffiò nell’orecchio ch’io li comperassi e non mi lasciassi sfuggire di mano la fortuna. Mandai ad avvertire il signor Flamborough; venuto il quale, eglino lo infinocchiarono istessamente; e così entrambi c’inducemmo a pagare i nostri quattrini per dodici dozzine ciascheduno.”

CAPITOLO DECIMOTERZO.

Il sig. Burchell è dichiarato nemico, perchè ha il coraggio di dare un consiglio che non piace.

Cento volte aveva tentato la mia famiglia di sollevare in alcuna maniera la testa, e per cento inopinate disgrazie n’era sempre andata col peggio; ed io procurava di giovarmi d’ogni disastro per migliorarne il senno, a misura che l’ambizione veniva delusa. “Voi vedete, figliuoli miei,” io diceva, “quanto poco si guadagna col voler ingegnarsi di gabbare il mondo e uscire dai limiti della nostra condizione. Il povero che non brama d’accompagnarsi che al ricco, è odiato da quelli ch’egli trascura, e sprezzato da coloro a cui va dietro. Sempre alla parte debole sono dannose le alleanze tra’ disuguali, perchè il ricco ne ha l’utile, e al meschino non ne rimane che tutto il disagio. Ripeti, o Ricciardetto, pel bene di costoro la favola da te letta ieri.” — “Fu già tempo che un gigante ed un nano erano amici, e vivevano insieme. Fecero patto tra di loro di non abbandonarsi mai, ed uscirono in cerca d’avventure. Il primo combattimento da loro sostenuto fu con due Saraceni; e il nano, tutto coraggio, menò furiosamente un manrovescio ad uno de’ campioni. Poco danno n’ebbe il Saraceno, che, levata alto la scimitarra,