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72 il vicario di wakefield.

zazzera con un largo nastro nero. Lo accompagnammo fuor della porta alcuni passi gridandogli dietro buon dì ti sia, finchè lo perdemmo di vista.

Partito egli appena, ecco il canovaio del signor Thornhill per congratularsi con noi della nostra buona ventura, come quegli che aveva udito il suo giovane padrone parlar di noi con gran riverenza. Sembrava che la fortuna non volesse venire scompagnata; perchè un altro famiglio della stessa casa sopraggiunse con un viglietto per le mie figliuole, nel quale era scritto che le due gentildonne avevano avute dal signor Thornhill così soddisfacenti informazioni di tutti noi, di maniera tale che speravano, mercè pochi altri riscontri, di rimanere interamente appagate. Allora esclamò mia moglie: “Lo so ben io che non è così facil cosa il por piede nelle famiglie dei grandi; ma se tale vi scappa dentro, e’ può chiuder gli occhi e dormire, come dice il nostro Mosè.” A lei pareva d’aver detta una bella facezia, perchè le figliuole le fecero eco con una risata; e tanta fu la gioia della buona donna per quell’imbasciata, che poste le mani in tasca regalò al messo un mezzo paolo.

Posciachè fu stabilito quello dover essere per noi giorno di visita, scoprimmo sull’uscio il signor Burchell, il quale era stato alla fiera, e recava a ciascuno de’ miei bambini un soldo di bericuocolo che mia moglie prese cura di metter loro in serbo, per darglielo poi volta per volta a pezzuoli. Egli portò anche per le fanciulle un paio di scatole da porvi cialde, tabacco, nèi, e danari pure, se ne avevano. Debora s’incapriccì, secondo il solito, d’una borsa di pelle di donnola, come bene augurosa; e la volle, a patto però di pagarla.

Il signor Burchell non era per nulla scaduto dalla nostra stima, comecchè il di lui contegno villano d’ieri ci fosse spiaciuto e senza inframmettere indugio io gli manifestai la nostra felicità, chiedendone il parer suo; perchè, quantunque restii quasi sempre a seguire gli altrui