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capitolo decimoprimo. 69

figliuoli, procurandone li vantaggi. Non istà a me il dirlo, ma potrei quasi asserire che le mie due fanciulle hanno avuta una discreta educazione. È in loro fior d’intelletto, e non vi ha di meglio almanco in tutta la provincia. Leggono, scrivono e conteggiano; hanno buona mano di cucire a punto allacciato, a punto a strega, a punto in croce e mill’altri; e fanno calze, frastagli e passamani. Elle sanno alcunchè di disegno e di musica; sono buone a dar la salda alla biancheria e pigliarla a piegoline, e ricamano altresì veli assai bene. La maggiore cincischia de’ begli scherzi di cartone, e la più giovane con un mazzo di carte da giuoco indovina un mondo di casi. — Oibo!

Com’ebbe ella fiatato questo squarcio di eloquenza, le due gentildonne si guatarono l’una l’altra in viso senza aprir bocca in aspetto dubbioso e severo, e così stettero per alquanti minuti; finchè poi madamigella Carolina Guglielmina Amalia Skeggs si degnò di affermare che, per quanto ella aveva potuto comprendere in sì breve periodo di amicizia, le due giovanette sarebbono state a proposito per tali impieghi; ma che un affare di tanto momento richiedeva un maturo esame del loro carattere, e ch’era mestieri conoscersi a vicenda più addentro: non ch’ella perciò dubitasse punto della loro virtù, prudenza e discrezione; ma perchè bisognava osservare una certa formalità in simili casi, una formalità indispensabile.

La moglie mia approvò altamente la cautela di lei, dicendosi anch’essa donna che andava sempre col calzar del piombo; ed esibì sulla saviezza delle fanciulle le informazioni di tutto il vicinato, che le gentildonne rifiutarono come inutili, bastando che le avesse raccomandate il cugino Tornhill; e qui finirono le nostre supplicazioni.