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capitolo decimo. 61

spose la fanciulla in sul serio, “e’ mi pare ch’ella s’inganni, perchè affermò positivamente che in men d’un anno io sarò moglie ad uno scudiero d’alto affare.” — “E che marito avrai tu, mia Sofia?” — Ed ella: “subito dopo che la sorella avrà sposato lo scudiero, io avrommi una Eccellenza.” — “E per due fiorini,” esclamai, “appena queste bazzecole? Solamente una Eccellenza ed uno scudiero per due fiorini! O scioccherelle! per mezza quella moneta io vi avrei promesso un principe ed un nababo.” Questa loro curiosità tuttavolta trasse seco di gravi effetti; e credendosi tutta la famiglia destinata dalle stelle a qualche cosa di grande, si levava in boria ogni giorno.

Fu già notato da mille, ma e’ mi fa d’uopo ripeterlo, che le ore le quali si passano nella aspettativa d’un lieto avvenire, sono più amene di quelle in cui si gode della ottenuta fortuna: nel primo caso cuciniamo noi la vivanda a misura del nostro appetito; ma nel secondo, natura la cucina a suo talento. Non è possibile dire quanti castellucci noi facevamo su pe’ nugoli, e come ci pareva veder fiorire di nuovo la nostra casa. Era voce per tutta la parrocchia che lo scudiero fosse innamorato della mia figliuola; e con questa canzone i terrazzani gonfiavan tanto gli orecchi alla meschina, che la si innamorò finalmente davvero. In questo piacevole intervallo di tempo mia moglie faceva i più bei sogni del mondo, ed ogni mattina ce li raccontava con grande solennità divisandone esattamente ogni minuzia: ora ella sognava un cataletto e un par d’ossa in croce, indizio di nozze vicine; ora che le saccocce delle fanciulle riboccavano di quattrini, segno certissimo che le sarebbero presto ricolme d’oro.

Le figliuole avevano anch’esse i loro pronostici; sentendosi spesso appiccar baciozzi inusitati sulle labbra e vedendo tal dì de’ ricci alla candela, tal altro scoppiettare il fuoco e foggiar borsellini, e in fondo d’ogni tazza