Pagina:Il vicario di wakefield.djvu/61

52 il vicario di wakefield.

          Che lontano
          Dal suo tetto ramingando
          Va riposo alcun cercando.
               Alla mia pace
               Amor m’invola;
               E de’ miei passi
               Compagna è sola
               Disperazion.
        D’assai beni mio padre opulento
      Là del Tine viveva sul lito,
      Di me, sola sua figlia, contento.
        De’ miei tanti tesori invaghito
      Venne ognuno a cercarmi in isposa,
      Ognun corse ad offrirsi marito.
        Mille e mille allor dissero ascosa
      Per me in seno una fiamma nudrire,
      E gran vanto mi diêr di vezzosa.
        Veri amanti, od usati a mentire,
      Gente avara ed ingorda dell’oro,
      Volser tutti al mio letto il desire.
        Mercenario a me intorno quel coro
      L’amor mio gareggiando chiedea;
      Ma sol un n’era degno fra loro.
        Vera fiamma Edevino struggea;
      Ma parlarmi d’amor non ardiva,
      E la cura nel seno premea.
        Rozzi panni ed umíli vestiva;
      Non aveva ricchezze il meschino,
      Ma bell’alma di fede non schiva.
        Il fioretto che sboccia il mattino,
      Le rugiade più caste del cielo
      Son men pure del cor d’Edevino.
        La rugiada ed il fior sullo stelo
      Brillan solo vivaci un istante,
      Quando sgombra la notte il suo velo.
        Come i fiori era bello il sembiante:
      Ma più candida l’alma d’un giglio,
      E dell’alma il candore costante.