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capitolo ottavo. 49

             In brame inutili
             Per una vita
             Che presto fugge,
             Presto è finita.
           Dolce, come rugiada
      Che dalle stelle cada,
      Era l’incanto del parlar soave;
      E lo straniero intanto
      S’inchinava modesto all’uom solingo,
      Seguitandone i passi. Entro il più cupo
      Della selva giacea
      Il solitario ostello,
      Al povero vicino
      Asilo, e allo sviato pellegrino.
      Facile lo sportello
      Schiuso all’alzar del saliscendi, accolse
      Quella coppia innocente:
      Poi che cura nessuna
      Al signor suo non chiede
      Dell’umil tetto l’umile fortuna.
      Era l’ora in cui cercano riposo
      Dai lavori del dì stanchi i mortali;
      E il gentile eremita
      Di serenar la fronte disioso
      All’ospite pensoso,
      Il picciol fuoco avviva; e sorridendo
      Con amabile festa
      A gustar ne l’invita i frutti e l’erbe
      Che sul desco gli appresta.
      Poi di casi istruito e di novelle
      Siede favoleggiando,
      Coi racconti le lente ore ingannando.
      Pon sue scaltre moine
      Il gatto in opra, e gli festeggia intorno.
      Allegro canta il grillo
      Dal focolare; e crepitar la fiamma
      Fa l’ardente fastello: ma dolcezza
      Nessuna in cor scendea