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probabilmente aveva mai amato. Come tutte le paesane nuoresi di buona famiglia, era in fatto d’onestà d’una delicatezza puritana; sarebbe morta di dolore, se qualcuno avesse trovato che ridire sulla sua condotta.

Intanto però, a venticinque anni, nessuno dei pretendenti, più o meno veri, di cui si vantava, si degnava di sposarla.

Ora, nonostante il lutto recente, i parenti, gli amici ed i vicini tornavano a combinar fra loro il matrimonio di Alessio con la cugina. Ed essa ci credeva, oh, se ci credeva! tanto più che ora Alessio era più ricco di prima, e i famosi pretendenti si lasciavano desiderare.

Tre mesi prima ella, insieme al sogno del tesoro, avea accarezzato la stolta speranza di sposar nientemeno che Cosimo Bancu: segretamente, nel suo sogno ambizioso, di cui, non conoscendo bene Cosimo, non poteva misurare l’impossibilità, aveva pregustato la voluttà di entrare in una famiglia signorile, di aver salotto, di indossare vesti ricamate e guanti; ma il luminoso sogno era caduto insieme alla speranza di ritrovare il tesoro, e la presenza d’Alessio, giovane e vigoroso, che portava il lutto con disinvoltura, l’avea consolata.

Tutti le chiedevano: «È vero che sposi Alessio?» Ella si stizziva, rispondeva di no, se la prendeva con Cicchedda, che confermava e pro-