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vano vizze. Le mani, che le due donne avevano lasciato, appoggiate dalla parte del dorso e aperte, cercavano di chiudersi senza riuscirci.

Remigio, perchè non lo brontolasse di essergli andato così vicino, gli chiese un’altra volta, pur non avendo più voglia, per quell’indifferenza che, a rivederlo, gli era tornata:

— Non mi riconosci?

Il malato, come se avesse voluto fargli capire che non gliene importava nulla, rispose:

— Non ti devo riconoscere? Non sei Remigio?

E ricominciò subito a gridare. Allora, le due donne lo voltarono di fianco, strascinandolo in proda.

— Quanto soffro! Così non posso stare! Alzate le coperte!

In quel mentre entrò Luigia, la sua seconda moglie: prima si era fermata ad ascoltare il figliastro; e, senza salutarlo, ficcò le mani sotto le lenzuola per tenerle alzate.

— Mettetemi le gambe fuori del letto!

— Ti farà freddo.

— Non importa: obbeditemi.

Allora, Gegia e Dinda gli cavarono le gambe fuori del letto, con i due piedi gonfi fasciati che avevano un esasperante e triste