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suo infaticabile sorriso. I lineamenti gai del volto rammentavano certi profili feminini ne’ disegni del Moreau giovine, nelle vignette del Gravelot. Ne’ modi, ne’ gusti, nelle fogge del vestire ella aveva qualche cosa di pompadouresco, non senza una lieve affettazione, poichè era legata da una singolar somiglianza alla favorita di Luigi XV.

Il mercoledì d’ogni settimana Andrea Sperelli aveva un posto alla mensa della marchesa. Un martedì a sera, in un palco del teatro Valle, la marchesa gli aveva detto, ridendo:

― Bada di non mancare, Andrea, domani. Abbiamo tra gli invitati una persona interessante, anzi fatale. Premunisciti però contro la malia.... Tu sei in un momento di debolezza.

Egli le aveva risposto, ridendo:

― Verrò inerme, se non ti dispiace, cugina; anzi in abito di vittima. È un abito di richiamo, che porto da molte sere; inutilmente, ahimè!

― Il sacrificio è prossimo, cugino mio.

― La vittima è pronta.

La sera seguente, egli venne al palazzo Roccagiovine alcuni minuti prima dell’ora consueta, avendo una mirabile gardenia all’occhiello e una inquietudine vaga in fondo all’anima. Il suo coupé si fermò innanzi alla porta, perchè l’androne era già occupato da un’altra carrozza. Le livree, i cavalli, tutta la cerimonia che accompagnava la discesa della signora, avevano l’impronta della grande casata. Il conte intravide una figura alta e svelta, un’acconciatura tempestata di diamanti, un piccolo piede che si