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forze e di cadere. Ma pure udì il suono del piede feminile su li ultimi gradini, un respiro più lungo, il passo sul pianerottolo, su la soglia. Elena entrò.

― Oh, Elena! Finalmente.

Era in quelle parole così profonda l’espressione dell’angoscia durata che alla donna apparve su le labbra un’indefinibile sorriso, misto di misericordia e di piacere. Egli le prese la destra, ch’era senza guanto, traendola verso la stanza. Ella ansava ancora; ma aveva per tutto il volto diffusa una lieve fiamma, sotto il velo nero.

― Perdonatemi, Andrea. Ma non ho potuto liberarmi prima d’ora. Tante visite... tanti biglietti da restituire.... Sono giornate faticose. Non ne posso più. Come fa caldo qui! Che profumo!

Ella stava ancora in piedi, nel mezzo della stanza; un po’ titubante e preoccupata, sebbene parlasse rapida e leggera. Un mantello di panno Carmélite, con maniche nello stile dell’Impero tagliate dall’alto in larghi sgonfi, spianate e abbottonate al polso, con un immenso bavero di volpe azzurra per unica guarnitura, le copriva tutta la persona senza toglierle la grazia della snellezza. Ella guardava Andrea, con li occhi pieni di non so che sorriso tremulo che ne velava l’acuta indagine. Disse:

― Voi siete un poco mutato. Non saprei dirvi in che. Avete ora nella bocca, per esempio, qualche cosa di amaro ch’io non conosceva.

Disse queste parole con un tono di familiarità affettuosa. La voce di lei, risonando nella