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ferse in fatti la rima; ed egli vide distintamente tutto ciò ch’egli voleva mostrare al suo imaginario uditore in persona dell’Erma; e, insieme con la visione, nel tempo medesimo, si presentò spontaneamente al suo spirito la forma metrica in cui egli doveva versare, come un vino in una coppa, la poesia. Poichè quel suo sentimento poetico era duplice, o, meglio, nasceva da un contrasto, cioè dal contrasto fra l’abiezion passata e la presente risurrezione, e poichè nel suo movimento lirico procedeva per elevazione, egli elesse il sonetto; la cui architettura consta di due ordini: del superiore rappresentato dalle due quartine e dell’inferiore rappresentato dalle due terzine. Il pensiero e la passione dunque, dilatandosi nel primo ordine, si sarebber raccolti, rinforzati, elevati nel secondo. La forma del sonetto, pur essendo meravigliosamente bella e magnifica, è in qualche parte manchevole; perchè somiglia una figura con il busto troppo lungo e le gambe troppo corte. Infatti le due terzine non soltanto sono in realtà più corte delle quartine, per numero di versi; ma anche sembrano più corte delle quartine, per quel che la terzina ha di rapido e di fluido nell’andatura sua in confronto alla lentezza e alla maestà della quartina. Quegli è migliore artefice, il quale sa coprire la mancanza; il quale, cioè, serbando alle terzine la imagine più precisa e più visibile e le parole più forti e più sonore, ottiene che le terzine grandeggino e armonizzino con le superiori strofe senza però nulla perdere della lor leggerezza e rapidità essenziali. I dipintori del Rinascimento sapevano equilibrare una in―