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fronte all’altro; e si guardarono. Il Santa Margherita, che aveva il comando del combattimento, notò la camicia di Giannetto Rútolo fortemente inamidata, troppo salda, con il colletto troppo alto; e fece osservar la cosa al Casteldieri, ch’era il secondo. Questi parlò al suo primo; e lo Sperelli vide il nemico accendersi d’improvviso nel volto e con un gesto risoluto far l’atto di scamiciarsi. Egli, con tranquillità fredda, seguì l’esempio; si rimboccò i pantaloni; prese dalle mani del Santa Margherita il guanto, la stringa e la spada; si armò con molta cura, e quindi agitò l’arma per accertarsi di averla bene impugnata. In quel moto, il bicipite emerse visibilissimo, rivelando il lungo esercizio del braccio e l’acquisito vigore.

Quando i due stesero le spade per prendere la misura, quella di Giannetto Rútolo oscillava in un pugno convulso. Dopo l’ammonimento d’uso intorno la lealtà, il barone di Santa Margherita comandò con una voce squillante e virile:

― Signori, in guardia!

I due scesero in guardia nel tempo medesimo, il Rútolo battendo il piede, lo Sperelli inarcandosi con leggerezza. Il Rútolo era di statura mediocre, assai smilzo, tutto nervi, con una faccia olivastra a cui davan fierezza le punte de’ baffi rilevate e la piccola barba acuta in sul mento, alla maniera di Carlo I ne’ ritratti del Van Dyck. Lo Sperelli era più alto, più slanciato, più composto, bellissimo nell’attitudine, fermo e tranquillo in un equilibrio di grazia e di forza, con in tutta la persona una sprezzatura