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chè sentiva di assomigliargli. Ed era l'unico essere a cui voleva bene.

Maura sognava cose impossibili: amori eroici e crudeltà da imperatrice decadente. Ella non si sentiva «una borghese» e preferiva quella schiavitù non definitiva alla miseria di tutta una vita trascorsa in un onesto focolare, tra mobili demodés e fanciulli piagnucolosi. Sapeva che, un giorno o l'altro, la liberazione sarebbe venuta, e seguitava ad affilare le unghie, segretamente, nei suoi manicotti di velluto.

Quando Franco la trovò, ella era esasperata. Mai come in quel periodo aveva sentito tutta l'immensità del proprio isolamento e il peso dei suoi ori di schiava. E appena intravide in lui l'uomo, il liberatore per eccellenza, colui che avrebbe saputo sottrarla al mostro carceriere, e portarla via in un abbraccio frenetico, le sue unghie spuntarono, i suoi occhi ebbero una fosforescenza più verde, i suoi denti lampeggiarono crudeli, e la belva ebbe il lancio terribile.

Fu l'esplosione. La sua carne in agguato si spalancò come se una bufera le strappasse di dosso i veli della menzogna. I suoi capelli notturni si sciolsero e guizzarono come fasci di onde elettriche. I suoi piedi troppo riposati danzarono la danza della voluttà criminosa. Le sue mani ebbero gesti tentacolari, e la sua