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lanti, i capelli scomposti. Il sole, il vento e i profumi la vestono, la tingono, la pettinano, la plasmano, le danno l'espressione. Nessun artista è così potente come una primavera napoletana ad animare una creatura che esce da un passato di letargica rigidità.

Franco Arbace, si ricordava ora dell'impressione enigmatica che le fecero il giorno del primo incontro, le labbra rosse rosse e i dentini compatti e brillanti di Glorietta, sul fondo del viso pallidissimo e spirituale.

Comprendeva ora che cosa quelle labbra e quei dentini significavano. E cercò d'immaginarsi tutto il volto della fanciulla in armonia con quella promessa di bellezza forte, di sana sensualità.

Dal fondo del suo letto Franco pensò che i loro destini erano su un taglio di spada. Da una parte la morte minacciosa che aveva sfiorato l'uomo ad ogni minuto. Dall'altra l'insidia della giovinezza e della seduzione che avrebbe potuto gettare all'improvviso la donna fra le braccia di qualche conquistatore audace ed accorto.

E con questo pensiero che lo turbava, ma che non uccideva la sua fede possente nell'avvenire, Franco Arbace si rigirò fra le lenzuola, e attese l'alba senza dormire.