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Allora si udì a duecento metri di distanza, dall'orlo della trincea nemica sul Colle S. Osvaldo, una voce metallica che, fra gli spettatori di quella scena, alzò un irrefrenabile grido di plauso di schietto timbro tedesco:

— Bravi taliani! Hip hip hip, urràh!

Così fu che la Compagnia della Morte, dalla morte, e solo da essa, fu sciolta.

*

Gloria aveva preso ad amare più la strada che la casa, più il mare che la musica, più l'odore resinoso del bosco che il profumo raccolto della sua camera di vergine.

Aveva scoperto in sè il gusto della libertà, della velocità e della violenza. Il movimento continuo, la frena irrequieta di cambiar luogo, di fare cose nuove, di vedere e di sentire l'insolito, davano alla sua giovine e sottile persona una vibrazione calda che contrastava col suo «stile» ferrarese.

Il suo corpo era dominato dal bisogno di correre e di agitarsi, i suoi nervi erano invasati dall'orrore dell'inerzia, ed erano in perpetua fuga davanti al cervello, che avrebbe voluto fermarli e frustarli.

Ella non ascoltava i rimbrotti di quel cervello cattivo e castigatore. Tutto le sembrava così luminoso dolce e infantile!