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no dei diavoli disperati che piombano di sorpresa addosso a covi di mitragliatrici e di artiglieria da montagna e pugnalano senza pietà. Allora si sentono grida confuse di «Baseggio! Baseggio!» ed è un fuggi-fuggi generale.

— Qual'è la vostra arma abituale?

— Naturalmente il pugnale, del quale facciamo anche scuola nei momenti di sosta, allenandoci a lanciarlo a distanza, e la bomba a mano. Il «thévénot» è buono, ma il pugnale è migliore: fa meno baccano e decide più rapidamente.

— E quali sono i fatti d'arme principali ai quali hai finora partecipato?

— Caro Franco, mi pare che tu abbia spiccate attitudini giornalistiche: questa che mi fai, è una vera e propria intervista.

— M'interessa, m'interessa molto questo argomento, caro Romolo. Io credo che, se vorremo vincere bene e presto la guerra, si dovrà instituire un piccolo esercito di vèliti, truppe leggere, velocissime, astute, scelte fra le più coraggiose, capaci di generalizzare il metodo della sorpresa, della fulmineità, dell'autonomia, da tenersi il meno possibile soffocate nell'atmosfera snervante della trincea.

— E già: l'avvenire è degli Arditi. Si parla già di creare dei battaglioni speciali, au-