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a tutta l'energia del suo carattere virilizzato per resistere allo strappo-strazio dell'addio.

Glorietta si mostrò dolcemente afflitta, gli fece in ultimo delle proteste di tenerezza, castissime, si fece promettere che le avrebbe scritto ogni giorno, e che non si sarebbe esposto al pericolo più del necessario.

Lo accompagnò fino al portone, giù nella strada, rabbrividendo di freddo nel suo golf azzurro.

Gloria aprì il battente. Una striscia di luna si adagiò rettangolare, senza complimenti, nel vuoto dell'ingresso. Parve un blocco di neve che dalla strada entrasse nel portone.

Franco riaccostò il battente. Si volse verso Glorietta, le prese le mani. Le accostò alle labbra. Le lasciò di nuovo. Poi le tenne strette fra le sue.

Rimasero qualche momento, uno di fronte all'altro, guardandosi senza parlare. Tutto a un tratto, socchiudendo gli occhi come chi si getta in un abisso, Franco prese Glorietta fra le sue braccia, l'avviluppò in un abbraccio silenzioso, premendole le labbra sulle labbra come un timbro rovente.

La vergine si lasciò ghermire senza resistere.

Non si abbandonò e non si rifiutò a quel bacio. Fu una cosa inerte, senza violenza, nella spirale di un desiderio violentissimo.