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sa da una ilarità epilettica non appena si trovava nell'intimità. Bastava il più effimero contatto di pelle, la carezza più fuggevole e distratta, per farla cadere in grandi scoppi di riso, in una lunga spasimosa serie di contrazioni nervose che dell'ilarità non avevano che l'apparenza. Effettivamente la persona della giovane in quei momenti era immersa in un abisso di sofferenza atroce, attraverso la quale la cercata voluttà si profilava con uno spaventoso ghigno di tragedia.

Ella era condannata, fra le braccia di un uomo, a ridere e ridere disperatamente, senza intervalli, con singulti frequenti che parevano la punteggiatura di quel lungo discorso, a ridere come si ride quando si è sui limiti della follia o della felicità. Lo guardava negli occhi, e rideva; premeva le sue labbra su quelle di lui con tenacia gommosa, e quando le staccava scoppiava in una lunga risata; gli diceva parole di passione, soavi, commosse, commoventi, e la frase veniva troncata da un croscio di ilarità.

Vi erano gradazioni in questa specie di musica dei nervi, così nuova e curiosa. Il suo corpo era come un sistema di tasti e di leve, che a toccarli davano suoni differenti. Quando Franco le ebbe tutte sperimentate, seppe le risonanze di tutte le corde sensibili di quella travolgente macchina umana, musica-