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La giornata era calda, e si procedeva con qualche lentezza, sulle solite due file ai margini della strada, cantando quando si poteva, masticando quel poco che restava nel tascapane, residui della vigilia mescolati alle cartucce sciolte, alle cartoline in franchigia, a mozziconi di sigari, a una immagine della Beata Vergine del Carmine, e all’ultima lettera di Mamma: «Torna presto, figlio mio, che tua Madre tiene ancora poca vita e ti vuol rivedere prima di andarsene, figlio caro del cuore di Mamma.....»

Già dall’alba il bombardamento s’era come assopito per dar luogo a quel rilassamento che segue una notte di orgia, mentre le mitragliatrici, a disanza, continuavano la conversazione col nemico, sotto voce, a spruzzi, a frasi smozzicate, quasi a sbadiglio, tanto per non dormire. Ora, nella stanca mattina, il procedere verso la prima linea, lasciati indietro i cannoni dalle zampe pattinate e mentre la fila dei muli procedeva più fitta e serrata in mezzo alla strada, in un sollevarsi di polvere rossastra quasi a segnalar la vicinanza carsica, aveva un ritmo di fatica che confinava con l’asma.

Intanto veniva giù della truppa di prima linea, che aveva avuto il cambio durante la notte. Gli ufficiali di testa si scambiarono alcune parole: era il 3º battaglione del