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Cervignano. Nuovo indugio. Fastidio intollerabile. Egli avrebbe voluto percorrere tutta d’un tratto la via saliente dell’azione e del tumulto: avrebbe voluto gettarsi a capofitto, di un solo colpo, nel crogiuolo in cui le forze più disparate, le volontà più diverse, e i cuori più estranei, si mescolavano in una fusione rossiccia, piena di tragico e di fangoso, di sublime e di orrendo.

La prima sensazione di brutalità potente, scapaccione fierissimo alla sua sensibilità di raffinato, la ebbe la sera dell’arrivo a Cervignano.

Stazione tumultuosa, informe, tenebrosissima, fanali a spegnitoio che segnavano a terra un piccolo disco di luce misteriosa e paurosa, binari invisibili con invisibili treni scatenati da ogni parte, grida, comandi afoni, urto di vagoni, si salvi chi può, attenzione! porcoduncane! rumore di gavette danzanti, sugli zaini, in riga; avanti! nel buio, nel buio, nel buio dietro un sergente con la lanterna scossa al ritmo dei passi, avanti nella notte, per quattro, allineati, senza parlare, inciampando, urtando, sentendosi soli, sentendosi perduti, lontani dalla vita, affogati nella notte come in una enorme fogna nauseabonda, soli, senza ricordi, senza nome, senza volto.