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colore più eroico, un sapore più amaro, un fascino più tragico, perchè era forse inutile: perchè ormai, nella vita, egli non sarebbe mai più «un uomo felice».

Ma gli piaceva torturarsi così, gli piaceva sapere che tutto era perduto, gli piaceva compiere un gesto che non avrebbe avuto mai compenso: sentiva veramente di respirare una atmosfera grandiosa, dove non restava più nulla d’impuro, di egoistico, di calcolato.

Baciò, ribaciò il nome di Glorietta, scritto in fondo alla lettera con un carattere più chiaro e più inciso del solito, quasi per solennità; e ripose il foglietto nella piega più intima del portafogli.

La mattina del sesto giorno, al Distretto, domandò:

— C’è nulla?

— Sì, c’è — rispose il maresciallo e sorrise, scrutando con sospetto, quasi per capire se la notizia rallegrava o affliggeva il giovanotto. Franco ebbe un sorriso silenzioso, di quelli che, senza contrarre le linee del volto illuminano internamente. Prese il foglio, che il maresciallo gli tendeva, e chiese:

— Che debbo fare adesso?

— Dopodomani mattina, alle 8, con questo, al Celio, per la visita sanitaria.

— Benissimo. Grazie.