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cortretti a rifugiarsi in Sicilia. Come a tutti i Borboni, l’esperienza e le sventure predicavano loro invano. Attaccati alla speranza di riconquistar Napoli coll’ajuto e con le forze della Sicilia, sarebbe parso naturalissimo che avessero a gran cura evitato, se non altro per politica, di offendere i sentimenti degli isolani. Ma fu all’opposto. Prima di tutto la corte pose rapacemente le mani sui Monti di Pietà, patrimonio de’ poveri. Fu espilato dappoi il danaro collocato nel Banco sotto la garanzia del Governo, le proprietà degli assenti, amici o nemici poco importava, confiscate; le quali somme servivano ad ingrassare gli emigrati napolitani formicolanti alla Corte; i quali, secondo un grave istorico, il Colletta, non erano altro di meglio che birbanti, codardi, e le più triste coscienze del regno. Ogni impiego amministrativo (e ricordatevi che la Corte stava in Sicilia), ogni ufficio, ogni carica, ogni onore, fu accordato a’ Napolitani e ad essi esclusivamente. Fu organizzato un sistema di spionaggio politico. Non c’era piazza pubblica, non conversazione privata, che non fosse infestata da spie; perfino l’interno delle famiglie non era sicuro dalla loro intrusione. Il Governo sospettava per tutto Giacobini. Un cittadino fu messo in carcere solo perchè era stato veduto spesso a discorrere con un amico esiliato per accusa di giacobinismo — pro crebis conversationibus. Un altro fu bandito per aver letto un giornale con piacere — pro lectura Gazzettarum cum delectatione. E infinite le piccole vessazioni contro chi portava barba e pantaloni, cose entrambe considerate quale segno esterno di giacobinismo.

«Re Ferdinando era uno de’ più deboli fra’ Borboni di Spagna. Purchè potesse ire a caccia e a pesca colla gentaglia, alla quale si associava, e fare il re da commedia o da lazzarone, poco si curava di adempiere l’officio di Re delle due Sicilie. Sua moglie, l’assoluta, la ferrea, la licenziosa Carolina d’Austria, lo reggeva completamente. Non poteva accomodarsi questa donna ambiziosa alla perdita del trono di Napoli. Il rapido e immenso successo, e la fortuna della dinastia Napoleonide privandola di ogni speranza di riavere Napoli col solo ajuto de’ Siciliani e di poche navi inglesi, pensò tentare una nuova prova. Intavolò, per mezzo di sua nipote Maria Luisa, trattative segrete collo stesso Napoleone. La tenne egli un po’ di tempo a bada, dandole speranza di riaver Napoli, e di cederle la Marca d’Ancona per di più. Aveva bensì prima a sbarazzarsi degli Inglesi.

«Se i Borboni di Napoli portavano ancora la corona,