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30 perirono, vale a dire la mortalità ascese nel totale fino ai due terzi.

Ho creduto bene annettere da ultimo alcune tavole prospettiche, le quali addimostrano l’andamento giornaliero de’ casi, e, sebbene in ristretto campo, l’attinenza, che le morti e le guarigioni tennero coll’età il sesso e i periodi della malattia.


Venuto ora a termine del mio povero discorso, trista dimanda mi si affaccia alla mente. In che cosa, scrivendo, giovai alla scienza e alla umanità? Qual segreto svelai sulla natura intima della malattia, qual nuovo rimedio proposi, qual frutto di mia esperienza ho da trasmettere, quante vittorie riportai su questo nemico esiziale dell’umana salute? A tutte queste dimande mal risponde la mente, consapevole di sua meschinità. Ma valga almeno a scusare presso i sapienti, che sono per buona sorte anche i più discreti (poichè la sapienza sola è benevola e generosa, la sola ignoranza trista e arrogante), valga, diceva, a scusare la futilità di queste pagine, il dovere d’ogni cittadino, onorato di pubblico ufficio, di render pubblico conto dell’operato, il fine a cui le volli stampate, la veridicità con cui le dettai,

» valgami il lungo studio, e ’l grande amore,

che m’han fatto cercare, framezzo a veglie disagi e pericoli e lontano da’ miei cari, il volume della più terribile delle malattie.