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318 IL BUON CUORE


Ma non han pace ancor l’aspre tempeste, non han fine gli addii, l’ansie ed i lutti! Quando sarà che l’iride celeste, ci riaffratetli in Te, Padre di tutti!... Pel Getsemani, dove solitario, in tristezza di morte, orasti un dì, per l’amore di Lei, che sul Calvario al Tuo l’occulto suo martirio unì; Per l’incenso d’affetti e di preghiera, che da le case, come dagli altari, mandan fervide a Te l’alba e la sera, a Te, che ai mesti il regno Tuo prepari: Fa che d’Italia la vital riscossa T’abbia ognora propizio a’ suoi destini, e dei nostri caduti in su la fossa nutra il redento suol fiori divini!... MARIA MOTTA

(maestra cieca)

Ufficio funebre pel Padre Pietro Gazzola

Martedì, 9 corrente, nella Chiesa di S. Alessandro si celebrò una solenne Messa funebre con ufficio, in suffragio del compianto Padre Pietro Gazzola. La facciata, severamente parata a lutto, portava la seguente semplice iscrizione: Cristo accolga nella sua pace il pio dotto benefico PADRE PIETRO GAZZOLA per un ventennio Prevosto di questa Parrocchia Numeroso, sotto l’impressione di una profonda mestizia, fu il pubblico accorso. I convenuti non si incontravano per la prima volta. Si conoscevano per lunga consuetudine. Quante volte erano accorsi ad ascoltare la parola dotta, viva, autorevole, di Padre Gazzola, sempre all’altezza dei- bisogni del momento, ascoltando la quale si partiva con una nuova luce alla mente, con una nuova forza al cuore, armonizzando nell’animo, in sereno connubio di pace, le esigenze sociali della vita, coi dettami della fede? La parola di Padre Gazzola era divenuta alimento necessario per molte anime, che provavano imperioso il bisogno di sentir crescere in sè, serena e robusta, a un- tempo, la vita dello spirito. Da quasi due lustri questa parola non si udiva più: ma l’assenza di Padre Gazzola non si riteneva definitiva: pareva che da un momento all’altro egli dovesse ricomparire. E invece? Eccoci lì dinnanzi il suo feretro: vi posavano sopra le sue insegne sacerdotali, sotto alle quali aveva palpitato un cuore di santo e generoso, ma erano silenziose, erano vuote! Si durava fatica a non inumidir gli ochi di lagrime.

Inganniamo noi stessi, quasi continuasse a stare ancora in mezzo di noi, ricordando le parole che scrisse a un suo collega, da Cremona, penultima sosta del suo esiglio: «lo sento di dovere alle anime un grande esempio di silenziosa obbedienza, e invoco la grazia di non venir meno a tale dovere». E quanto promise, attenne. L. V. Libriccino confortatore in tempo di guerra (Continuaz. vedi num. 44).

11 patire, di buon grado accettato quaggiù, è un Purgatorio anticipato, assai più gradito a Dio, ed in conseguen: a più atto a soddisfare alla Divina Giustizia che le p-ruì durate nel Purgatorio ultraterreno, dove la volontà è Immobilizzata ed il tempo utile per meritare, chiuso per sempre. Che le pene del Purgatorio siano più crucianti delle più atroci pene di questa terra, è forse arduo crederlo, benchè in eer:tà, teologi di gran valore abbiano opinato così. Ma, comunque sia, il penare del Purgatorio, allorchè l’anima è trattenuta molto lungi dal possesso del Benamato, può importar poco, Coloro che, per mezzo della guerra, soddisfano in tutto od in parte ai loro debiti, vedranno poi come, per loro almeno, la guerra è stata una grande misericordia usata ad essi da Dio. V’ha tutta la ragione di credere che insieme atta espiazione offerta dai patimenti e dalla morte di Cristo, il nostro patirti possiede pure un valore espiatorio per i peccati altrui. Non dice S. Paolo, (,....Do nella carne mia compimento a quello che rimane dei patimenti di Cristo, a pro’. del corpo di Lui,:he è la Chiesa». (Colos. I. 24)? Il fatto di questa espiazione o mistica sostituzione, è parte irrecusabile di quella esperienza religiosa a cui oggidì da molti si dà tanta importanza. Ma vi può essere egualmente una espiazione consapevole ed incosciente. Le sofferenze accumulate sopra l’innocente quaggiù, potrebbero senza dubbio eccedere in molti casi la proporzione di debito personale, ed espiare peccati d’altri. Con tutto ciò potrà obbiettarsi che se il patire merita tanta considerazione, dovrebbe essere anche impiegato in maggior dose di quello che è. lo rispondo che la vita spirituale richiede egualmente gioie e dolori, come una pianta abbisogna tanto delle irradiazioni solari che della pioggia. Entrambe sono indispensabili; e l’:’moroso Giardiniere delle anim’provvede l’una e l’altra nella debita misura e stagione. E ciò spiega la ragione per cui è:negli° per la gran maggioranza dei cristiani accettare piuttosto z.he cercare i patimenti come usavano i Santi, della cui resistenza nel fronteggiarli e sapienza di sfruttarli, noi purtroppo difettiamo. La Chiesa canta di S. Giuseppe che mescolò la gioia al pianto e questa è per noi la miglior scuola di spirituale tirocinio. Francesco Thompson dice l’istessa cosa allora che ci invita ad tt inafflare la gioia colle lacrime». Quando a dir vero Iddio manda lacrime ed affanni, si tratta d’un dono dell’amore ricco di molteplici benedizioni.