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IL BUON CUORE 131


andrà molto e non mi vedrete, e di poi, non andrà molto e mi vedrete, e me ne vo al Padre? Dicevano adunque: Che è questo ch’egli dice: Un pochettino? non intendiamo quel ch’egli dica. Conobbe pertanto Gesù che bramavano di interrogarlo, e disse lt,ro: Voi andate investigando tra di voi il perché io ab— bia detto: non andrà molto e non mi vedrete, e di poi: non andrà molto e mi vedrete. In verità, in verità vi dico, che piangerete e gemerete voi, il inondo poi godrà; voi sarete in tristezza, ma la votra tristezza si cambierà in gaudio. La donna, allorchè diventa madre, è in tristezza, perchè è giunto il suo tempo; quando poi ha dato alla!nce il bambino, non si ricorda più dell’affanno a motivo della allegrezza, perchè è nato al mondo un uomo. E voi. adunque, siete pur adesso in tristezza; ma vi vedrò di bel nuovo, e gioirà il vostro cuore, e nessuno vi torrà il vostro gaudio. (S. GIOVANNI Cap. 16).

Pensieri.

Il Vangelo d’oggi fa parte di quel mirabile discorso dell’ultima Cena, nel quale ogni idea, ogni sentimento, è un lampo della mente, è uno slancio del cuore, all’unissono dello stato d’animo appassionato di Cristo, tra un bacio e una lagrima, il bacio dell’Eucaristia, la lagrima della passione imminente e dell’addio. E’ una pagina di psicologia soprannaturale: Cristo ricorda i diversi stati dell’animo, nel cammino soave e doloroso a un tempo della faticosa elaborazione della virtù: una sola immagine sembra a Cristo adeguata a ritrarre questo stato di angoscia e di amore, una madre che stringe al serio il neonato bambino: la madre è l’anima, il bambino è la virtù. Tre momenti compongono questo stato: le alternative della lott7i, il dolore, la gioia.

Un poco e non mi vedrete, e di nuovo un poco e mi vedrete. La spiegazione letterale immediata data dai Santi Padri a queste parole, è di riferirle alla morte imminente ed alla risurrezione di Cristo. un poco e non mi vedrete: io sarò catturato, condannato, crocifisso, sepolto, io sarò tolto a voi; ma di nuovo un poco e mi vedrete: io risorgerò, io comparirò ancora a voi, io starò ancora in mezzo a voi, mangerò, discorrerò, come faccio, e come ho fatto tante volte nel paSsato. Ma queste parole hanno ancora un altro senso, un senso morale. Al luogo degli Apostoli stanno le anime; è la storia dell’anima cristiana, fedele, pia, che qui è adombrata; dell’alternativa di luce e di tenebre, di forza e di debolezza, di divozione e di aridità. nel quale si trova l’anima nel percorrere il cammino della virtù. Noi dobbiamo stare con Cristo; noi vogliamo stare con Cristo; ci sono dei momenti in cui l’anima nostra è tutta con Cristo; Cristo è il nostro amore, è la nostra gioia, è la nostra speranza; ci pare impossibile che possa mai sorgere il momento in cui noi

possiamo essere disgiunti da- lui: noi ripetiamo la parola confidente di Davide: ego diti in mea abundantia, non movebor in aeternum: nel fervore della divozione dissi: io non muterò in eterno.... E poi, di lì a qualche tempo, forse domani, forse dopo, le cose non sono più quelle; cerchiamo Cristo, e Cristo non c’è più! La luce non brilla più alla mente, lo slancio non è più nel cuore, si è perduto l’appetito delle cose spirituali; si prega, e la preghiera muore sulle labbra; il giardino della pietà è mutato in deserto... Oh, quante volte questo stato di aridità ha strappato dalle anime le più perfette nella vita dello spirito, le espressioni della più profonda angoscia, i lamenti più infocati verso, lo sposo divino che si era nascosto! Perchè Iddio permette questo stato di alternativa tra le slancio della divozione e l’impotenza della aridità? I motivi sono molti, e tutti pieni di sapienza e di amore. La gioja è madre di spensieratezza: allorchè Anno va bene, si smettono facilmente le precauzioni perchè il bene non ci sia rapito: la fiducia si muta in presunzione, là presunzione avvia alla caduta! Quando tutto va bene, noi vediamo solo le belle qualità che sono in noi; i difetti scompaiono; ma i difetti ci sono, e, non avvertendoli, lentamente possono crescere, e un brutto giorno possono trovarsi padroni del campo. Le dolcezze spirituali scomparse, ci lasciano soli alle prese colla virtù, alla lotta col vizio. Allora sentiamo quanto siamo fiacchi, quanto siamo deboli: la conoscenza della nostra debolezza ci rende umili, e Fumiltà è il primo e più efficace passo per renderci prudenti presso di noi, e metterci nel cuore e sulle labbra la preghiera che invoca l’aiuto di Dio. Dio si allontana.da noi per far sorgere in noi più vivo il desiderio di unirci a lui: era lontano da noi solo in modo transitorio, apparente: absentia Dei, — ha detto S: Agostino — non est absentia. L’importante è., di non lasciarci abbattere da questi momenti di prova: proseguiamo fedeli nell’adempimento del nostro dovere: il dovere adempito, senza gioia, cresce la forza dell’animo, è più meritorio: cerchiamo Dio, — dice S. Francesco di Sales, -7 - non le gioje di Dio: queste gioie ci verranno date più presto e più grandi quando meno le cerchiamo. Dopo la tempesta viene il sereno, e il sereno dopo la tempesta è più bello, è più puro, è più splendido del sereno di prima.

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Ma nella vita dell’anima cristiana c’è qualche cosa di più e di più grave che non sia la privazione sensibile della grazia di Dio, l’aridità; vi è il dolore della miseria, il dolore della malattia, il dolore della calunnia, il dolore della persecuzione, dello sprezzo, dell’indifferenza, il dolore del rovescio e della sconfitta delle cause che ci erano le più care, che ci sembravano la causa stessa di Dio; tutte le tribolazioni insomma, materiali, morali, sociali e religiose, che accompagnano la vita dei buoni, e che