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212 IL BUON CUORE


vedranno i frutti di quest’albero che cresce lento sì come la quercia, ma altrettanto resistente alla bufera. Nei primi mesi di sua vita questa Italica Gens, a New York fu creduta da alcuni una nuova stella filante nel burrascoso cielo coloniale, che avrebbe tutt’al più sollecitato la curiosità del pubblico italiano, ma che ben presto sarebbe scomparsa nel naufragio aereo delle utopie; da altri fu guardata con discreta diffidenza come una usurpatrice di allori non conquistati; moltissimi non se ne curarono affatto. Ora invece i primi ed i secondi hanno modificato la loro opinione, perchè quelli e questi si sono convinti Che noi abbiamo un solo scopo ed un solo movente, quello di far del bene al nostro emigrato, concorrendo con le altre lodevoli istituzioni coloniali, a rialzarlo dall’abbandono in cui s’è trovato finora e dirigerlo a migliori destini. Anche il numero degli indifferenti va diminuendo man mano che noi allarghiamo la nostra sfera di azione. Dobbiamo però dire che l’interessamento e la simpatia verso l’opera nostra ci viene più dagli americani che dagli italiani; sempre per quel mai abbastanza deplorato individualismo latino e specialmente italiano, che reagisce allo spirito di associazione e vuol far da sè quando ne è capace, oppure diffida degli altri quando non può far da sè. L’anglo-sassone, il tedesco intuisce naturalmente i benefici dell’associazione e si sobbarca volentieri agli inevitabili pesi, sacrificando volentieri le sue vedute individuali quando il bene comune lo richiede, almeno per sentimento di disciplina e per l’utile comune che ne deriva. L’italiano invece vuole far trionfare sempre e dovunque le sue vedute, non è capace di cedere alle vedute altrui, si ritira subito se non è ascoltato, magari brontolando in segreto e con dispetto contro l’umana ingiustizia. Nelle colonie italiane molte belle opere potrebbero fiorire se cessasse questo miserabile egoismo; invece assistiamo a spettacoli spesso indecenti, di guerre e di lotte puramente di distruzione, perchè dell’opera tale o dell’ospedale tal’altro non si è potuto far tutti presidenti, o l’iniziativa è partita da un gruppo piuttosto che da un altro. A New York delle colonie minuscole di altre nazionalità han saputo unirsi e farsi rispettare, dando vita ad opere di grande efficacia; per esempio la colonia francese, che è una delle meno numerose, ha saputo e potuto metter su un’ospedale che è ammirato da tutti.. I nostri invece, che pure sommano oltre il mezzo milione, non sono riusciti ancora a concordarsi

nè per un ospedale (non ostante larghi sussidi del patrio Governo) che dia serio affidamento di esistenza e che abbia carattere nazionale, nè per un ospizio per i vecchi, nè per un istituto di correzione pei fanciulli discoli, pei quali bisogna sempre dipendere dalle-istituzioni americane. E’ chiaro che in un simile ambiente è estremamente difficile organizzare una istituzione qualsiasi che possa contare sul favore della colonia nostra. Noi facciamo quel poco di bene che la generosità dei nostri benefattori d’Italia ci permette di fare; purtroppo finora in America nessuno ci ha dato la mano: nessuno ci ha portato il contributo di un centesimo. Tutte le spese dei nostri uffici di New York e di Chicago, ed in parte quelle del nuovo ufficio di New Or(eans, furono sostenute esclusivamente dalla carità patria, cioè dai benefattori della Italica Gens in Italia. Le pratiche espletate dal nostro ufficio di New York durante l’anno 1912, che si -possano controllare nei nostri registri, ammontano a diverse migliaia e consistettero principalmente in collocamento al lavoro, in assistenza per infortunio, per sbarco, per rimpatrio, per l’ammissione gratuita di connazionali all’Ospedale ed altri Istituti, in assistenza legale, ricerca di persone, di documenti, nel provvedere vitto ed alloggio ad emigranti, ecc. La corrispondenza che dovette sbrigare l’ufficio fu numerosissima. Come già facevamo notare nella nostra relazione dell’anno scorso (v. Bollettino marzo-aprile 1912), l’attività d’un Segretariato gratuito a New York presenta notevoli difficoltà, specialmente per quanto riguarda il collocamento al lavoro, la ricerca di persone e le pratiche legali per indennizzi d’infortunio. Oui è difficile in particolar modo trovare occupazione alle persone che, magari dotate di certa istruzione, cercano un posto od un impiego: costoro spesso vengono a trovarsi qui in condizioni difficilissime. Per avventurarsi in America occorre generalmente buona salute, e la padronanza di qualche mestiere manuale determinato. La legge che regola l’ammissione degli emigranti negli Stati Uniti è già discretamente severa e fa già da potente ventilabro soffiando via le paglie, respingendo cioè tutti i difettosi di costituzione fisica; e, se talvolta pare inumana nel separare parenti ed amici che arrivano assieme o sono aspettati, non si può tuttavia negare che, tutto sommato, fa anche del bene sia a quelli respinti che a quelli ammessi. E’ già approvata dal Parlamento e dal Senato,