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170 IL BUON CUORE


soli centomila assicurati contro gli infortuni del lavoro, e in anni sei raggiunse la cifra di duecentomila soci. Ora si contano due milioni di assicurati, ed io, nonostante le opposizioni incontrate, vorrei estendere le assicurazioni anche ai lavoratori della campagna, come vorrebbe pure il mio collega senatore Conti.

Legge obbligatoria, adunque, per l’assicurazione, ma con un’applicazione larga, colla via aperta a mezzi liberali, spontanei, alla beneficenza. No, non basta lo Stato, non bastano gli imprenditori, gl’industriali a colmare vuoti innumerevoli: occorre l’abbinamento colla pietà umana, coi benefattori, colla carità.

L’opera sociale di Bismarck.

L’oratore ricorda Bismarck come un divinatore di istituzioni a sollievo dei lavoratori. — L’opera sociale del gran Cancelliere — così commenta l’on. Luzzatti — dovrebbe abbreviargli gli anni di purgatorio che forse sconta per suoi errori politici.

Alla figura del Bismarck l’on. Luzzatti fa seguire altri principi benemeriti nella soluzione dei grandi problemi sociali, e dice: «In Germania son tutti principi quelli che hanno avuto a cuore la sorte dei poveri lavoratori». Intanto in Germania si è ammirato e si ammira uno splendido organismo finanziario, per il quale si prevengono mali che sarebbero micidiali come le guerre. Trecento milioni sono ora impiegati vantaggiosamente a beneficio dei poveri, non esclusi i tubercolosi.

Rievocando i tempi di Quintino Sella, l’on. Luzzatti rammenta d’aver lavorato a tutt’uomo anche coll’onorevole Boselli per far trionfare l’idea delle casse postali. «Ci dissero socialisti — egli esclama — e fummo combattuti specialmente dalle casse di risparmio, eccetto però quella di Milano». Non si comprendeva o non si voleva comprendere che le casse postali si riferiscono a un pubblico diverso, che in certe provincie era nelle mani degli usurai, e non si ammetteva che gli utili si devolvessero a vantaggio di vagheggiate opere di previdenza.

Stato e Comuni.

Al di sopra di tutto, però, l’oratore, vuole il pareggio delle finanze dello Stato come pietra angolare di tutto l’edificio sociale. Sospinto tra i più ardui problemi, l’on. Luzzatti assevera d’essersi trovato in gravissimi conflitti di coscienza dinanzi ai bisogni dei lavoratori e nel tempo stesso di fronte a necessità imperiose di pareggio nei bilanci anche per tendere al bene dell’operaio.

L’oratore divide a questo punto in due parti il grande problema, e mette gli imprenditori e gli operai come quelli che devono essere appoggiati dallo Stato; invece, dice, i malati (e qui si rivolge con un sorriso significante al sindaco Greppi, suscitando la ilarità degli uditori) devono essere sostenuti dal comune.

Ciò ammesso, si deve proseguire e mirar pure alle assicurazioni contro le disoccupazioni involontarie e a quelle delle vedove dei lavoratori.

L’oratore, con slancio oratorio, chiede affettuoso interessamento in nome di Dio in cui crede, facendo
appello alla pietà umana, certo di concorrere ai trionfi dei più nobili ideali, che s’imperniano nel grande sviluppo dell’industria italiana.

La necessità della beneficenza.

A questo punto l’on. Luzzatti afferma risolutamente la necessità grande della beneficenza larga e illuminata. Guai se venisse a mancare! E vedendo tra gli uditori il comm. Zonda, cospicuo oblatore e fondatore di posti semigratuiti, esclamò: «Ecco un esempio!».

Un applauso caloroso fu rivolto al benefattore e all’oratore, il quale suscitò nuovamente l’ilarità degli uditori dicendo: «Zonda.... nel mio dialetto nativo significherebbe anche aggiunta, cioè.... aggiungere un pezzettino di più».

L’on. Luzzatti si propone di combinare una conferenza con rappresentanze estere coll’intervento del comm. De Capitani, felice ideatore di un concetto geniale, che egli stesso avrebbe voluto avere.

Esamina le obbiezioni dei critici impenitenti, che annienterebbero anche le migliori iniziative. Taluni, per esempio, vorrebbero che il vecchio non fosse staccato dalla famiglia....

Il culto della famiglia.

Il culto della famiglia è profondo in Italia, e se il vecchio si può tenere in casa, tanto meglio! Ma se il vecchio diventa un rifiuto? Se è malato? Sacro è lo spirito di famiglia, ma non quando può per miseria divenire omicida.

Avanti, dunque, risolutamente, così conclude l’oratore rivolgendosi al comm. De Capitani. Ora il momento non volge propizio; ma dopo la guerra gloriosa, verrà una pur gloriosa pace, coll’Italia rinnovellata, e allora potremo con tutto il cuore dedicarci a questa mirabile istituzione.

Un applauso prolungato coronò la chiusa dell’interessante discorso, e noi fummo lieti di constatare nel sentimento dell’illustre economista una convinzione da noi ripetutamente espressa, cioè la necessità di considerare le risorse della previdenza come un doveroso coefficiente, non trascurando mai per la tecnica, tutto ciò che può attirare la beneficenza spontanea, la carità per la quale si sono visti sorgere e trionfare le più grandi opere del cuore umano.

La visita al Pio Albergo.

L’on. Luzzatti visitò minutamente il grande Albergo, esprimendo viva ammirazione per il complesso e per i particolari. Passando da un salone all’altro, nei dormitoi, nei refettori é nella immensa cucina, rivolse affettuose parole ai vecchi e alle vecchiette, alle suore e al personale di servizio. Interrogò con particolare compiacenza un bellissimo vecchio, Angelo Celeste Beretta, che si presentava trionfante colla fluente barba tuttavia bionda e col petto fregiato di medaglie delle campagne dal ’48 in avanti.

Mentre l’on. Luzzatti esprimeva la propria ammirazione per il sole, la luce e l’aria, che entravano a ondate da grandi finestroni in vasti locali, il comm. Buf-