Pagina:Il buon cuore - Anno XI, n. 15 - 13 aprile 1912.pdf/1

Anno XI. Sabato, 13 Aprile 1912. Num. 15.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —Giovanni Pascoli — Celestina Annoni, Vivere ― Per l’Asilo convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi — Pio Istituto Oftalmico — Ernesto Tanlongo, S. Bonaventura poeta.
Religione. —R. B., Vangelo della prima domenica dopo Pasqua — Laura M. Venier, Maggio.
Società Amici del bene. —Francobolli usati.
Notiziario. —Necrologio settimanale — Diario.

Educazione ed Istruzione


Giovanni Pascoli

Preghiamo pace all’anima del poeta gentile che tanto sofferse. Tutti i giornali lo hanno commemorato, e noi riportiamo un brano della sua biografia, un brano straziante, che riguarda la sua adolescenza, la prima manifestazione del suo ingegno, che a stento si apriva adito attraverso ai dolori cagionatigli dal misterioso, feroce assassinio del padre:

«Ho i miei ricordi di vecchio scolaro. Li ho anche scritti: Ero un povero ragazzo smilzo e scialbo. Venivo dalla Romagna, da una famiglia di ragazzi, di ragazzi e bambine soli soli, fatti orfani da un delitto tutt’ora impunito, e poi abbandonati e lasciati soffrire soli soli (era indifferenza della gente? era viltà?), una famiglia che aveva per capo il ragazzo più grande, sedicenne appena quando ebbe tutta la nidiata da imboccare. Facevo economia e tentavo la fortuna, concorrendo a una borsa di studio la quale unica poteva darmi accesso all’Università. Carducci doveva dettare, lui proprio, il tema d’Italiano.... Oh, il povero fanciullo smilzo e scialbo! Stette più di un’ora senza nemmeno provarsi a intingere la penna! Il suo vicino, un bel fanciullone piemontese, con una sua grossa e buona testa dondolante, gli domandò con gentile atto di pietà: — Non scrive? — L’altro si svegliò dal suo torpore e cominciò a scrivucchiare. Che cosa, Dio mio? O piccolo padre lontano! dolci bambine preganti a quell’ora per lui! È fatta: nella testa non c’è nulla di buono; nel calamaio qualche paroletta a quando a quando. E questa ragnata tessitura di grande parole l’avrà a legger «lui». Avanti, avanti! come spinto a furia, per le spalle, inertemente!...
E qualche giorno dopo ci fu l’esame orale. E il giovinetto romagnolo entrò avanti il consesso giudicante come se vi fosse travolto da una ventata: e rivide «lui» e si senti interrogare. Ma «egli» qualche cosa doveva avere letto nel viso smunto e pallido del ragazzo: leggeva il pensiero che appariva tra uno sforzo e un altro per rispondere, pensiero d’assenti, pensiero di solo al mondo, pensiero d’un dolore e d’una desolazione che al maestro non potevano essere fatti noti se non dagli occhi del ragazzo, che pregava forse con essi più che non rispondesse con la bocca: dagli occhi di lui soli, perchè nessuno aveva parlato e pregato per lui; certo che il Maestro interrogava con non so qual pietà e ascoltava le risposte impacciate con una specie di rassegnazione cortese, accomodandole e spiegandole e giustificandole. Passò questo doloroso quarto d’ora; passarono gli altri. Il ragazzo fu richiamato a dare qualche chiarimento sul suo attestato di licenza; sentì o credè sentire che il Carducci, proprio il Carducci, ampliava e chiariva le sue spiegazioni, comunicandole agli altri professori. Pochi giorni dopo, il primo candidato in ordine di merito era Giovanni Pascoli, il povero ragazzo ch’è diventato un vecchio scolaro e poi potrà divenire un vecchio, senz’altro; si è trovato ad altre traversie, ha provate altre gioie, sebbene rare; ad altre si troverà, altre ne proverà, come vorrà il suo destino....»

Il sentimento religioso del Pascoli emerge specialmente dalla sua ispirata poesia: Il Viatico.

Ne riportiamo gli ultimi versi:

Quel giorno anche per me, campane,
sonate pur così,
quel canto, in quell’ora s’innalzi,
portatemi, o piccoli scalzi,
portatelo anche a me quel pane,
sul vostro mezzodì.

D’imminente pubblicazione

Can. L. Meregalli.

LE GIOIE DI MARIA

nel Dogma, nella Divozione, nella Liturgia, nella Letteratura, nell’Arte e nelle loro fonti principali. — Elegante volumetto L. 1,50.