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324 il buon cuore

Storia breve di un’anima penitente


(Continuazione, vedi n. 40).


Eppure il suo cuore non era pago ancora. La carità è come un oceano dalle sponde dilatabili, che si allargano sempre più, quanto più i fiumi vi portano acque. Ella guardò con la sua penetrante pupilla di santa, al di là della cerchia de’ suoi poveri, tese l’orecchio e colse un immenso sospiro e un immenso lamento venienti dalla società addolorata.

Fu quello un momento solenne nella storia della nostra Santa. Fu un momento di creazione. Dio forma qualche volta, traverso i secoli, certi cuori con tale impronta del suo amore, da farne riconoscere, per quanto è permesso a creatura, la vena inesauribile e infinita. Rinunciando a una paternità e maternità fisica o arrestandosi in essa perchè fermati dal palpito nuovo, divino, che dentro si è loro accesso, pensano a una paternità e maternità spirituale. Figli i più ardenti del loro tempo e della loro patria, i più generosi per la società e per la Chiesa, essi vengono avvicinati tra loro da quella stessa inclinazione e da quel magnete divino che Dio ha loro donato. In una purezza di affetto quanta può venire dal cuore di Gesù Cristo che la crea, dalla mortificazione e dalla santità di cui si nutre, essi diventano quelle sorgenti di vita che noi chiamiamo riverenti, i fondatori di ordine. In queste grandi opere, voi vedete quasi sempre unite le forze di due cuori di santi, e quando uno solo di essi compare, è perchè l’altro si è nascosto e fermato presso i tabernacoli, oppure, dopo di averne disegnate insieme le grandi linee, si è confuso tra le file dei combattenti per la Chiesa, per morire da semplice soldato, felice di sentire su quelle stesse campagne un canto di vittoria che erompe dai petti chiamati da lui più vicini alla bandiera.

I fondatori di ordini religiosi sono una prova della indefettibile santità della Chiesa.

La nostra Santa doveva avere anche questa aureola: manifestò i suoi divisamenti di fondazione al P. Giunta suo confessore. Egli la capì e l’aiutò. Nasceva così l’ordine delle Poverelle, che la Toscana conobbe. Ella non fu paga; gettò le basi della Fraternità della Misericordia, divenuta un’incarnazione della pietà per ogni sorta di sventure. Fondò un’ospedale in Cortona; vi mise le prime sue figlie, alcune convertite a sua imitazione, come la beata Margherita da Siena, altre venienti dalla virtù per ascendere a gradi più alti, come donna Gilia, suor Adriana, la nobile Manentessa. Cavalieri i più illustri e dame le più gentili, come Uguccio Casali e la nobile Diabella, presero a tutela la nuova istituzione e così un forte palpito di benessere e di vita evangelica pulsò nelle vene di Cortona.

Ma non dovevano finir qui le prove della carità della nostra Santa. Guelfi e Ghibellini si rodevano in città. Ella era in pena. Due volte scoppiarono in guerra, che suscitò gridi di spavento per tutta la Toscana. Donna, non potendo uscire tra le spade, vi mandò il Giunta
che predicò sulle piazze; santa, lo accompagnò con la preghiera fino a che vide comporsi la pace. Ella guardò ancora più in alto: l’imperatore Rodolfo d’Asburgo e Carlo d’Angiò, Re di Napoli, rovesciavano eserciti nella Romagna. Papa Nicolò III vedeva l’Italia, la Francia, la Germania, la Spagna, in pericolo per questa guerra, scongiurò la pace, crebbe invece l’odio; ma quella fu un’altra ora della nostra Santa. Ella si gettò davanti a Gesù Cristo come una vittima, e pregò, e pianse, e infieri contro se stessa con la penitenza in modo che il cuore di Dio ne fu tocco. Così si venne alla pace.

E ciò che più commove è che in mezzo a queste sovrane carità fatte a popoli e a nazioni, ella amava aggirarsi per le più miserabili stamberghe e per le corsie dell’ospedale a raccogliere tutti i gridi, tutte le lagrime, a confortare le anime abbattute, con parole che ella sola sapeva dire e che sole sapevano sollevare.

Ma la si vedeva dimagrire sempre, farsi più pallida: il segreto lavoro di penitenza che non la scompagnava mai, rodeva quella preziosa esistenza di non ancora quarant’anni.

Qualche volta le amiche sue la scongiuravano piangendo di aversi pietà. Ella ringraziava, gentile sempre, buona sempre, ma finiva con un sorriso di pace mesta, che pareva una luce di tramonto in cui ella richiamasse il mattino della sua vita e persuadesse tutti che aveva fatto ancor troppo poco nella sua giornata di penitenza e di carità.

Non era però una mestizia che accasciasse, la sua, poichè Dio le era largo di tali favori, che le innondavano il cuore delle gioie più pure. Quante volte le sue lagrime di penitenza le si arrestarono a metà il corso per un’intima carezza di Gesù Cristo che la metteva in estasi nella sua chiesa prediletta di S. Francesco, o nella sua cella. Il perdono de’ suoi peccati, dopo la prima sua confessione generale e dopo la seconda, durata otto giorni, le era stato assicurato da Gesù Cristo stesso. E un dì, stremata per le penitenze e pur vedendo per sempre perduta quella integrità che ella avrebbe voluto consacrare al suo Sposo celeste, si senti dire da lui: Io ti terrò in cielo insieme con le mie vergini.

Così Iddio restituisce per la grazia, ciò che per la natura è distrutto, e riconferma l’onnipotenza creatrice della contrizione e dell’amore.

Ed ora che la nostra Santa non solo si è riabilitata a se stessa, ma ha riparato a sovrabbondanza nella società mediante le sue eroiche effusioni di carità, un’altra gioia, e tutta in rapporto del cuore, le mandò Iddio come sigillo della sua approvazione e della corrispondenza dell’amor suo.

Io chiamo voi specialmente, o madri, a questa scena:

La Santa è tutta sola nella sua cella in un’ora di prezioso raccoglimento. Fuori tace la campagna. Un giovine frate arriva alla sua porta; batte con la mano che trema come gli trema il cuore; gli è aperto. Le avevan detto da molti anni che egli si era suicidato. No, no, egli era morto unicamente al mondo. Ora egli è in ginocchio; ella gli tiene le mani sul capo, entrambi