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52 | IL BUON CUORE |
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Non so, ma coloro che si votarono alla risurrezione della flora pompeiana debbono avere tutta questa visione indimenticabile negli occhi, tutta questa vita che fu, questo rifluire magnifico di vita, deve sfolgorare ancora per essi da potere con esattezza riprodurre al vivo tanta bellezza scomparsa, almeno in una piccola parte come la flora antica che adornava Pompei.
Ed il mare era vicino allora: la porta Marina era battuta dalle onde, e le triremi e le vele latine s’accostavano e deponevano i tesori portati, con innumerevoli, disagi dal Ponto, dalla Siria, dalla Grecia, dal mondo conosciuto e dominato di Roma.
Ora il mare è lontano, oltre la porta Marina, oltre la cinta che fiorita, apre l’accesso agli scavi, oltre la via provinciale nuova, lontano di chilometri, incurvandosi mollemente fino a raggiungere da un lato Stabia e dall’altro Torre del Greco e Resina, la sorella Herculanum, l’emula di Pompei che vide Nerone e che dorme nel sepolcro di lava composto da millennii, e che nessuno più spezzerà per ridare al sole vivo il tesoro che contiene geloso.
Così quando la ricostruzione, nei punti principali, sarà completa; quando, per la flora risorta, qualche cosa di vivo palpiterà di nuovo a Pompei, tra cipresso e cipresso, da mirto a mirto, tra gli intrecci di acanto, tra agoree ed agoree, tra cespo di rose e gli asfodeli, aleggerà di nuovo come al tempo dell’edile Marcello l’invocazione classica:
- O Vestilia regina pompeianarum
- Anima dulcis, Ave!
Terth.
PRO VITTORIA1
- Avvezzo ai sogni, ai fascini,
- all’ineffabil cura
- dell’arte, onor dei popoli;
- dell’arte grande e pura;
- avvezza all’onda liberal, giuliva
- del plauso e degli evviva;
- oggi d’un novo fremito
- quest’aura si commuove;
- e, per consenso unanime,
- vibra e si effonde in nuove
- forme di bene l’ideal sublime
- che affratella e redime.
- Oh se adeguato al palpito
- d’entusiasmo santo
- che ci conquide, sciogliere
- oggi sapessi, un canto!
- Di quest’ora esaltar ne’ versi miei
- la poesia vorrei.
- Ma queste che c’inebbriano
- soavi melodie,
- meglio e più assai traducono
- l’intime voci pie:
- a noi del genio e del dolor l’arcana
- profondità le emana;
- e del dolor, del genio
- divina è la parola.
- Dietro le alale musiche
- lieve il pensier s’invola,
- e ogni ardor che di cose alte non sia
- or qui tace e s’oblia.
- Monza, o vetusto, o nobile
- fior dell’insubre suolo,
- di figli tuoi, di giovani
- figli un concorde stuolo
- acclama a te, nel giubilo di questa
- auspicata festa;
- e voi saluta o provvidi
- fratelli, o generosi,
- che, d’ogni ben solleciti,
- per ogni mal pietosi,
- agl’inesperti del mortai viaggio
- date guida e coraggio.
- Fra l’ansie dell’invidia
- che, muta e violenta
- del giovin cuore all’integre
- forze vitali attenta,
- fra i veli che contendono al pensiero
- la vision del vero;
- deh come in voi nell’egida
- del vigile amor vostro
- s’affida o buoni il trepido
- passo e l’ingegno nostro!
- Quanto per voi, nella crescente vita
- traviam fraterna aita!
- Dì maschie gare, d’utili
- e geniali studi,
- di vigorosi stimoli
- e di sani tripudi,
- un vasto campo libero per voi
- s’apre e sorride a noi.
- Così, fra le ginnastiche
- prove (viril Palestra
- che nuovi atleta all’itala
- madre prepara e addestra),
- noi già vincemmo, ed è pur vostro il merlo
- più d’un ambito serto!
- Possa, deh possa vindice
- d’incontrastabil gloria,
- centuplicarsi il giovine
- stuol sacro alla vittoria;
- a radîar nel suo baldo fervore
- luce immortal d’amore.
- L’onda degli anni rapida
- che freme, incalza e doma;
- l’ombra fatai che i triboli
- sparge e piacer si nona,
- del sentier nostro faticoso i duri
- passi e i cimenti oscuri,
- ↑ Inno preparato in occasione che la Società ginnastica Monzese Pro Vittoria celebrava una festa sociale nel teatro Raiberti.