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IL BUON CUORE | 391 |
ECHI E LETTURE
Cronache dei fiori: Ci sono, sì, anche quest’anno le rose consolatrici! Malgrado i temporali di novembre, le rose autunnali non sono quest’anno mancate al convegno. Dovunque s’apre una vetrina di fioraio elegante, dovunque è una botteguccia di fiori, sono apparse le tenui e profumate rose che imprimono all’autunno uno dei suoi maggiori fascini. Difatti, la primavera con tutte le sue ricchezze, non ha queste meravigliose rose bianche, di un biancore mai visto in nessun’altra cosa bianca; non ha la primavera queste rose bianche dal seno roseo, che contengono un profumo inebriante; non ha la primavera queste rose di un roseo smorto, di pochi petali, quasi sfogliate, la cui tinta non trova paragoni in nessuna rosa rosea. Vi sono persino delle rose rosse che rianimano i biancori e i pallori rosei delle altre rose, tanto è dolce agli amatori dei fiori, questo novembre già triste. È tempo di rose! Contengono queste rose tanta morente dolcezza, tanto languor niveo! Una grazia di persone non più giovani, ma in cui tutte le qualità di beltà e di sentimento si sono fatte più fini, più profonde e più acute.
Queste rose hanno un intimo senso di tristezza, giacchè sono le penultime, ma contengono anche colori più intensi e più toccanti, ma sono tinte di colori più seducenti e più suggestivi. Una rosa di maggio è bella, ma nulla dice, salvo la conferma della ricchezza primaverile. Una rosa di novembre — scrive languidamente il Giorno — ha una espressione che le anime sensibili raccolgono; ha un carattere che i cuori consunti nell’amore e nel dolore, solo possono intendere. Sono rose di consolazione e non di entusiasmo, son fatte per gli occhi stanchi e affraliti dal piangere, e non per i trionfali occhi della giovinezza, son fatte per i volti toccati già dalla vita e che si chinano sui fiori, con la malinconia di chi ha troppo presto vissuto e di chi sente che è troppo tardi, per vivere più. Rose di consolazione: mandate da Dio, che ha creato un conforto per i dolori più sottili e più segreti, mandate da Dio alle creature stanche, che domani morranno, coperto il letto di rose, come quelle che odorammo ieri.
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Uno dei più assidui frequentatori del Royal Institute of Public Health è lord Rothschild, il grande finanziere israelita di cui si celebra in questi giorni il settantesimo anno. Pochi uomini godono di sì universale stima e pochi possono vantare una carriera sì ricca di trionfali vittorie. I giornali di tutta l’Inghilterra hanno dedicato a lord Rothschild lunghi articoli apologetici ed al sontuoso palazzo che fronteggia la magnifica avenue di Buckingham Palace è un continuo pellegrinaggio di popolo bene augurante. Ricorre quest’anno anche il centenario della fondazione dell’ufficio dei Rothschild a Londra.
Nathaniel Rothschild, che fondò l’ufficio londinese, era il primogenito di quel Meyer Amschel che a Francoforte seppe custodire i tesori del Langravio di Hesse-Lusso e procacia delle mode femminili
- Ella è una cosa che mi fa pietate
- Il veder che in vestirsi in modi vari
- Non sol le donne comode e ben nate
- Spendono malamente i lor denari,
- Ma quelle ancor di bassa qualitate
- Vogliono andar delle più ricche al pari,
- E Dio sa come poi vanno vestiti
- I poveri figliuoli ed i mariti.
- Dio sa se in casa molte femmine hanno
- Con che dare a’ lor figli da mangiare:
- Dio sa molte di lor che mestier fanno,
- Io nol so, nè lo voglio indovinare,
- Ma so che molte donne in tutto l’anno
- Non arrivano forse a guadagnare
- Col filar, far merletti, o col cucire
- Quanto in un mese spendon nel vestire.
- Ma quel che in pace poi soffrir non posso...
- Si è che talor, con tanta roba indosso,
- Molte vanno vestite in certo modo
- Che si può quasi annoverar ogni osso,
- si vede ogni vena ed ogni nodo,
- E potria far, chi fosse del mestiero,
- La notomia quasi del corpo intero.
(Dal «Cicerone», c. VII).