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252 IL BUON CUORE


Se stai per fare l’offerta e ti sovviene che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia l’offerta e riconcigliati prima col tuo fratello.

E’ il sacrificio, l’offerta interiore che Dio richiede; se noi nutriamo animosità, livore verso i nostri fratelli come osiamo accostarci al Signore?

Perchè, dopo 2000 anni di cristianesimo i cristiani si mostrano, in pratica, così ignoranti delle esigenze di quella spiritualità che Gesù ha rivelato?

Che testimonianza rende, anche su questo punto, la vita di tanti, di troppi cristiani? Quanti sono, fra essi, che davvero seguono Gesù? Quanti che sanno rispondere alle esigenze sempre più grandi che lo spirito fa echeggiare nel cuore dell’uomo? Educazione ed Istruzione


La Cappella espiatoria di Monza


È mirabile veramente per austerità, per ricchezza, per eccellenza artistica. È un senso di godimento intimo e profondo, che si prova nell’interno del minuscolo tempio. Vien fatto di pensare alla famosa cappella palatina — a parte i sette secoli di differenza tra le due — di Palermo, 1a gemma medievale di tutta la Sicilia.

È quadrata, con le pareti laterali incurvate e dominata da un’alta cupola. Agli angoli sono quattro colonne, di gusto classico, di botticino, con qualche lieve modanatura dorata. Pure di botticino è l’altare, semplicissimo. Le pareti sono tutte rivestite di marmi orientali antichi, quasi bianchi, percorsi da venature nere vaghe e bizzarre così da sembrare un arazzo. In basso corre uno zoccolo di marmo africano a vive macchie rosse. Anche di marmi antichi sapientemente alternati è contesto il pavimento.

Poi, levando lo sguardo, la meraviglia cresce. L’intera cupola è rivestita di mosaici superbi. Quattro angeli stilizzati, del Retrosi di Roma, a braccia sollevate, sembrano reggere la pàtera o sigillo della cupola recante il simbolico agnello. Tutti i fondi sono d’oro, e l’oro s’illumina tenuamente alla luce che passa attraverso le tre finestre della cappella. Com’è noto, nella cappella di Monza non esistono vetri. Là dove sono finestre, il vetro è sostituito da esili cartelle d’alabastro orientale che scalda, che accende la luce ma in pari tempo la attenua. Nell’alabastro il sole rivela poi mirabili disegni di macchie bizzarre, di fiori strani, di profili fantastici. I contorni delle tre finestre della cappella, poichè il muro è grossissimo, rappresentano per ricchezza e varietà di marmi una delle cose più ricche e più belle che sia dato vedere. Sovra l’altare troveranno posto quattro candelieri e un crocifisso, di bronzo dorato, squisitamente sbalzati, con gemme vere inca3tonate nei piedestalli. Il bastone del candelliere è di cristallo. La croce invece, recante un Cristo

d’argento superbamente modellato e lavorato, è di lapislazzuli. Dall’alto della volta pende una lampada di bronzo, cristalli e gemme autentiche ispirata ad austeri modelli bisantini.

Cappelletta augusta, cappelletta degna di Re.

Anche la cripta sottostante alla cappella è, come questa, interamente finita. Vi si accede da una porta di bronzo a specchietti d’alabastro trasparente aperta nel lato posteriore del monumento. È ampissima (oltre duecento metri quadrati), ed ha le pareti tutte rivestite di marmo di Nembrogiallo di Verona, contornato da fascie di broccatello rosso pure di Verona, con ovoli e listelli di bronzo nei punti d’unione. Lo zoccolo è in verde di Polcevera.

Le volte sono a mosaico azzurro stellato, a vaghe fasciature policrome. Il pavimento, a tasselli policromi di marmo, è più basso assai della via, perchè è noto che la palestra dei ginnasti monzesi era in realtà bassissima, sì che nella notte del 29 luglio la carrozza reale aveva dovuto discendere lungo un piano inclinato per accedervi. Quel livello, per augusto desiderio, venne rispettato.

Il punto preciso in cui la rivoltella omicida fu rivolta al cuore di Umberto I, trovasi al centro della superficie occupata dalla cripta. Esso è determinato da un basso cippo circolare, di pietra nera di Bruxelles, finemente lavorata e lucidissima. Superiormente reca, a lettere d’argento, la data fatale: XXIX luglio MDCCCC. La vôlta sovrastante al cippo è a mosaici rossi, come per un’infiltrazione di sangue; i quali mosaici s’illuminano un po’ allorchè vengono accese le lampadine stabilite nello spessore della vôlta, dietro il sigillo d’alabastro orientale che occupa il centro della vôlta stessa. In questo sigillo è incavata una croce che, per sapiente effetto d’ottica, si riflette nel cippo nero penetrandolo tutto. Così, sotto lo scintillìo delle lettere argentee, è una piccola croce di luce chiara, vaporosa, dentro, in fondo, proprio là ove il regicidio fu consumato. Non è credibile l’effetto suggestivo che si prova da quella riflessione sotto quei mosaici sanguigni, in quel locale così austero e raccolto.

L’impressione complessiva che la cappella espiatoria produce dal gran viale d’accesso è gradevolissima. È tutta costruita, come s’è detto, di pietra grigetta di Oggiono, e si profila nettamente nell’azzurro del cielo, disturbato soltanto da qualche fumaiolo industriale. Alta ben trentadue metri, la torre-colonna è terminata da un cuscino di bronzo a dorature, traversato dalla stola e dal collare dell’Annunziata. Sul cuscino posa una grande corona reale dorata con gemme incastonate.

Alla base della colonna, ove essa si allarga per ospitare il Sacello, raccoglie l’attenzione, sovra la porta di ingresso, il superbo gruppo in bronzo modellato da Lodovico Pogliaghi. È una Pietà ispirata a quella di Michelangelo: un’opera poderosa di sentimento e di modellazione. La figura del Cristo morto è lunga 4 metri.

Poi all’inizio della terrazza, larga quanto la sotto-