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244 | IL BUON CUORE |
Le memorie del conte Ulisse Salis1
In un’elegante e nitida edizione dedicata alla Famiglia e agli Amici, Donna Rita Salis Sertoli, con devoto e riverente affetto figliale ha pubblicato le memorie di suo padre, conte Ulisse Salis, perchè — sono parole di Lei — facciano fede del fiero e generoso carattere di chi le ha scritte e del forte animo e dell’angelica bontà della Madre.
E noi le dobbiamo essere veramente grati, perchè queste memorie oltre ricordarci un uomo che tutti rammentiamo con compianto, aggiungono nuove e interessanti notizie su un’epoca, che pur essendo ancora vicina a noi, sembra tanto lontana per tutti i martiri che ci ha dato.
Il conte Ulisse Salis era di antica famiglia valtellinese, di Tirano, ed aveva incominciato presto a combattere segretamente l’Austria specialmente diffondendo gli opuscoli della Giovane Italia che ritirava dalla Svizzera.
Era a Milano quando scoppiò la rivoluzione del marzo 1848 e prese parte attiva ai combattimenti delle «cinque giornate» rimanendo anche leggermente ferito a una mano. Fu poi incaricato sui primi di aprile dello stesso anno dal generale Lecchi di organizzare allo Stelvio la difesa di quel passo. E di là passò poi al Tonale difendendo il passo di Montosso.
E’ notevole un episodio che egli ci narra e che dimostra come in quell’epoca tutti cooperavano ad un unico fine, che reputavano il bene comune — la redenzione della patria. — Quando volsero tristi le sorti dell’armata piemontese, ed essi dovettero abbandonare quei luoghi che avevano occupato e difeso con tanto accanimento, si rifugiarono in Svizzera, ma non vollero abbandonare le loro armi, vollero anzi conservarle per averle pronte nel dì della riscossa. Furono quindi incassate e le monache del Convento di Poschiavo volonterosamente si prestarono a custodirle in gran segreto e le riconsegnarono poi ai volontari Valtellinesi nel 1859.
Il Salis esiliò in Piemonte, poi in Toscana e ritornò infine a Tirano fidando in un’amnistia concessa dall’Austria. Negli anni di poi fu in rapporti continui con Mazzini e coi suoi emissari avendo riposto in lui, come quasi tutti allora, ogni speranza. Non sempre però eseguì i disegni del Grande Patriotta, anzi alcuni, specialmente quelli che dovevano avere luogo in Valtellina, ostacolò quando li credette inopportuni e inefficaci, come purtroppo anche i fatti più volte lo dimostrarono.
Nel 1853 abbiamo appunto un disgraziato tentativo, ideato dal Mazzini, nel quale l’Austria riuscì ad arrestare il Calvi e altri che dovevano recarsi nel Cadore e nelle provincie Venete per promuovere un movimento insurrezionale.
Al Calvi fu sequestrata una nota nella quale il Mazzini dava il nome di coloro che avrebbero concessoMa il Salis resiste e resiste a qualunque costo, anche quando gli pare che gli vengano meno le forze al punto da rendere avvertiti gli amici con poche frasi espressive dette di sfuggita alla moglie — donna ammirevole e forte — che aveva avuto il permesso di visitarlo qualche volta in carcere.
La descrizione dei mezzi usati per ottenere invano da lui confessioni e rivelazioni, le blandizie, le minaccie e gli stratagemma posti in opera per farlo parlare, fanno fremere di indignazione e di raccapriccio.
Ma egli più che di sè ama parlare degli eroismi altrui e ricorda il Calvi e i compagni del Calvi, il Marin, il Moratti e il Gervaso Stoppani di Bormio e altri che resistettero a ogni bassezza.
Pur troppo però non tutti furono eroi e il Salis dovette alla denuncia di un suo compatriotta se fu condannato a sette anni di lavori forzati ai ferri. Le memorie riportano integralmente anche il prezioso documento che Alessandro Luzio afferma essere l’unico del genere che si conosca, e cioè il constituto assunto dal famigerato auditore Krauss in seguito alla confessione del delatore del Salis.
Dopo la condanna fu vestito da galeotto e gli chiodarono le balze ai piedi e fu messo, con altri patriotti, insieme agli assassini comuni di cui rigurgitava l’ergastolo. Di là passò poi nella fortezza di Kufstein e finalmente nel 1857 in seguito ad una amnistia potè ritornare a Tirano, ove il 1859 lo trovava ancora intento a combattere l’esecrato Governo Austriaco e questa volta con miglior fortuna.
Non mi è stato possibile qui, per evidenti ragioni di spazio, che di riassumere molto sommariamente le vicende tristi e gloriose di questo modesto, ma forte martire della nostra Redenzione, ma i fatti soli che ho esposto sono una prova sufficiente del diritto che il conte Ulisse Salis ha di essere annoverato, e in prima linea, fra i nostri più insigni patriotti.
Avv. P. G. Paribelli.
La Messa di S. Gregorio2
- ↑ Milano — Scuola Figli Provvidenza, 1910 — Vendibile anche presso la Casa editrice L. F. Cogliati, Corso P. Romana, n. 17.
- ↑ V. nel The Month del settembre 1908 il dotto articolo del P. Herbert Thurston, che qui, alla meglio, riassumiamo, non potendo renderlo integralmente in veste italiana per la soverchia lunghezza.