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DI NICCOLÒ FRANCO. 169

vero prencipe, verissimo specchio della liberalissima splendidezza, nel quale sè specchiati vi foste, la dapocaggine dell’aver dato ad un solo, a quest’ora si scolperebbe dalla virtù del saper dare a tutti. Dona il magnanimo Alfonso a chiunque della sua magnanimità fa prova; apre le sue mani il nobile Alfonso a dotti parimente e a virtuosi. Porge l’invitto Alfonso a’ musici; trovano soccorso nel reale Alfonso i pittori con gli scultori; si riparano coll’onorato Alfonso tutti i valorosi guerrieri. Mostra il fedele Alfonso il zelo della carità sua a’ poveri che di pietà sian degni. Opra l’immortale Alfonso ciò che è possibile oprarsi da benigno animo, onde di lui veggiamo avvenire quel medesimo, che della provvidenza divina avviene, la quale nel soccorrere alle piante terrene non meno alle sterili che alle feconde, ugualmente comparte le gocciole della celeste sua influenza. Nè sarebbe il divino Alfonso così chiaro e cotanto splendido, se non imitasse il Sole, il quale quei luoghi non illumina con la virtù de’ suoi raggi, che per repugnanza d’avverso sito non ne vogliono ricevere. Nè sarebbe il gran marchese fuori de’ vostri greggi, nè richiamato nel catalogo degli eroi, se egli nella guisa d’ogniuno di voi, nell’ozio d’un principato, come nel chiuso d’un porcile partisse l’industria de’ suoi giorni con le crapole, con gli stupri, con l’estorsioni sì, che non le fatiche della milizia, ma le piume delle trabacche, non la gloria dell’armi, ma quella