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DEL FRANCO. 141

CXLVII.


Saper vorrei da chi avete imparato,
     Voi reverende suore ed abbadesse
     Questo vostro fregarvi fra voi stesse,
     4E che Priapo non ci sia chiamato.
Certo, leggendo ve l’avrà mostrato
     Saffo, maestra delle poetesse,
     Come ricetta delle sue brachesse,
     8Ad onta di Faone innamorato.
Voi pensate, per Dio farmi dispetto,
     E per Dio vi trovate in grand’errore,
     11Nè per ciò ve ne porto mal concetto,
Che ciò che fate, tengo a gran favore,
     Perchè il vostro cotal prender diletto,
     14Tutto è martel che avete del mio amore.


CXLVIII.


Suore mie care, poiché tali e tante
     Son le strettezze e l’incomoditate,
     Per manco male è che v’accomodiate
     4D’un bel pezzo di vetro per amante.
So ben io, che d’acciajo o di diamante
     Vi daría più sicure l’imbroccate,
     E per far da dovero a culattate
     8Meglio saría la pertica d’un fante.
Chi non ha albergo, posisi in sul verde,
     E chi vuol arrivar, non torni indietro,
     11Perch’ altrimenti ogni cammin disperde.
Non pur Petrarca, ma ’l diría san Pietro,
     Che chi vuol bere, e non ha l’auro, o ’l perde,
     14Spenga la sete sua con un bel vetro.