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134 LA PRIAPEA

CXXXIII.


Poeti, vi ridico in conclusione,
     Che le potte non sono da sprezzare,
     Perch’ alle prove ch’elle sanno oprare
     4Non resiste trinciera o bastione.
A petto lor gl’è bestia Sansone,
     Nè la mascella sua sapría che fare,
     Ed Ercole potrian scojoneggiare,
     8Idest farlo parere da cojone.
Un voler della fica è quel che sforza,
     Anzi il tutto acconsente a i cenni suoi,
     11Ed abbia pur durissima la scorza.
E quel proverbio non è chiaro a voi,
     Che un pel di potta tira con più forza,
     14Che mille argate 1 insieme, e mille buoi?


CXXXIV.


Che diavolo volete voi, mariti,
     Con le vostre mogliere sì ritrosi?
     Or che cosa vi fa tanto gelosi,
     4Che delle mosche siete ingelositi?
Poffar san cazzo, che così incazziti
     Stiate dal giorno che vi fate sposi,
     E così delle corna sospettosi,
     8Che sempre dentro ci tenghiate i diti?
Per quel che ne vedete alle giornate,
     Dovreste omai saper, beccacci, ch’io
     11Apro le porte che son più chiavate.
Ite al bordello, perchè lo vuol Dio,
     Che se le vostre case a me vietate,
     14Possa anch’io a voi vietare l’orto mio.

  1. Argani.