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118 LA PRIAPEA

CI.


L’ortolan felicissimo Aretino,
     Tutto raccolto nel pietoso vóto
     Al sacro Dio degli orti, a ciascun noto,
     4Dice talor, disteso sotto un pino.
Priapo, a te sacrando il mio giardino,
     Con l’anima e col cuor tutto mi scuoto,
     E come d’umiltà carco e divoto
     8Gl’omeri tengo curvi e’l capo chino.
Eccoti in questo tondo, ecco in quel quadro,
     In queste valli ombrose, e ’n quelle apriche
     11Mille sentieri, ove il cammin ti squadro.
Se la mal’erba avvien che ’l passo intriche,
     La falce hai teco, e per terror del ladro,
     14E per segar i triboli e l’ortiche.


CII.


Scolpío nel limitar del suo grand’orto,
     L’ortolano Aretin queste parole,
     E forse per mostrar com’ei si duole
     4Di chi gli oppone l’avarizia a torto:
Entri nel mio giardino a suo diporto,
     E al caldo e al gelo, e all’ombra e al Sole
     Stiavisi pure a soggiornar chi vuole,
     8Purchè degli orti altrui prenda conforto.
E se più vago sito i suoi ridutti
     Non mostran fuori, nè com’altri assai
     11Han poma d’oro, e preziosi frutti.
Scusi e compensi ogni difetto omai
     Il buon voler ch’ha di ricever tutti,
     14E che gli entrati poi non n’escan mai.