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VI Prefazione

ajuto di commenti (e una traduzione conscienziosa è sempre il commento migliore), ditegli pure a nome mio che è un ciarlatano.

Di questi due dialoghi poi, — e questo pure valse a decidermi a così improbo lavoro, — non abbiamo affatto in italiano alcuna traduzione leggibile, o almeno io non ne conosco. Siamo ancora al vecchio Dardi Bembo, la cui insufficenza a tutti è nota.

Una versione moderna, è vero, ci sarebbe, — quella che porta il nome del Bonghi, ma non è leggibile. Non sarà perciò inutile spendere due parole anche a scagionare quel brav'uomo del torto che gli hanno fatto stampandola.

I dialoghi di Platone tradotti dal Bonghi e pubblicati lui vivo io li credo veramente degni anche di maggior conto che non ne corra la fama. Difetti ne hanno, come ogni umana cosa; ma il Bonghi per capire Platone possedeva quanto e più di chi che sia le due fortunate condizioni che il filosofo lodava in Timeo, intendersi di filosofia ed essere uomo di Stato.

Quelli altri invece che furono stampati lui morto 1 sono abbozzi non riveduti nè corretti: frequenti perciò sono gli errori, le inesattezze, gli equivoci, i grovigli. Con tutto ciò erano pur



  1. Sono i vol. VII, VIII, e X, XI, XII. Di questi solo il manoscritto del primo, contenente la Repubblica, era stato dal Bonghi in parte riveduto.