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464 capitolo nono


«Ciascuno di voi adempia i suoi doveri di culto come la Chiesa prescrive, secondo stretta giustizia e con perfetta obbedienza. Non prendete nomi per la vostra unione, nè parlate mai collettivamente, nè fatevi regole comuni oltre a queste che vi ho dette. Amatevi, l’amore basta. E comunicate gli uni con gli altri. Molti lavorano nella Chiesa lo stesso lavoro al quale vi preparate voi con la preparazione morale che vi ho prescritta: voglio dire un lavoro di purificazione della fede e di penetrazione della fede purificata nella vita. Onorateli e apprendete da essi ma non fateli partecipi della vostra unione se spontaneamente non vengano a voi per mettere il loro superfluo in comune. Questo sarà il segno che Iddio li manda a voi.»

Qui Benedetto s’interruppe, pregò dolcemente Giovanni Selva di venirgli più vicino.

«Desidero vederla» diss’egli. «Quello che ho detto e più ancora quello che dirò è nato da Lei.»

Stese la mano a prendere quella di don Clemente, soggiunse:

«Il padre lo sa. — Noi dobbiamo sentire Iddio presente in noi stessi ma dobbiamo anche sentirlo ciascuno di noi nell’altro e io lo sento tanto in Lei. — Sì» proseguì volgendosi a don Clemente come per un appello alla sua autorità «questo è il fondamento vero della fraternità umana e per questo coloro che amano gli uomini e si figurano