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326 capitolo settimo


Il viso incorniciato di capelli grigi, singolarmente dolce, aveva una espressione di stupore. La voce, dall’accento meridionale, era commossa.

Benedetto si alzò e rispose:

«Dal Portone di bronzo fino a un luogo che non so indicare sono venuto col sacerdote che stava presso Vostra Santità; poi sono venuto solo.»

«Conoscevi il Vaticano? Ti hanno detto che mi avresti trovato qui?»

Quando Benedetto gli ebbe risposto che aveva visitato anni prima i musei vaticani, le logge e la Galleria lapidaria una sola volta, che alla logge non era salito dal Cortile di San Damaso, che non sapeva affatto dove avrebbe trovato il Sommo Pontefice, questi tacque un momento, pensoso; poi disse benignamente, affettuosamente, indicandogli una sedia in faccia a lui:

«Siedi, figlio mio.»

Se Benedetto non fosse stato assorto nel volto ascetico e benigno del Papa, avrebbe, mentre il suo angusto interlocutore stava raccogliendo alcune carte sparse sul tavolino, girato lo sguardo non senza meraviglia per quella strana sala di ricevimento, un polveroso caos di vecchi quadri, di vecchi libri, di vecchi mobili, un’anticamera, si sarebbe detto, di qualche biblioteca, di qualche museo dove si fossero intraprese opere di riordino. Ma egli era assorto nel volto del Papa, nel magro,