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— Niente; l’orizzonte era purissimo.

— Quelle detonazioni erano deboli?

— Debolissime.

— Quelle cannonate devono quindi essere state sparate ad una grande distanza — disse Horward.

— Sì, considerato che il vento soffia appunto dall’est.

— Sandokan — disse Tremal-Naik, la cui fronte si era oscurata. — Cerchiamo subito la Marianna.

— È quello che faremo — rispose la Tigre delle Malesia. — Se non la troveremo dietro a quelle scogliere, torneremo verso il Sedang.

«Manda Kammamuri con dei gabbieri sulle coffe e con dei buoni cannocchiali onde esplorino attentamente l’orizzonte.

Il Re del Mare aveva continuata la sua corsa verso l’est, seguendo la costa ad una distanza di un paio di miglia, per non urtare contro qualche banco di sabbia; tuttavia nessuna nave appariva in vista.

Una profonda ansietà aveva invaso l’equipaggio e soprattutto Sandokan e Yanez. L’assenza del loro praho, che doveva trovarsi in quei paraggi già da parecchi giorni e forse da qualche settimana, inquietava assai tutti, temendo che fosse stato scoperto da qualche nave nemica ed affondato.

Sambigliong era furioso più di tutti, e girava e rigirava fra le torricelle dei grossi cannoni, promettendosi di fracassare l’audace che aveva osato di abbordare la vecchia Marianna.

La corsa del Re del Mare durò un’ora, senza che i gabbieri avessero potuto scoprire in alcuna direzione il veliero, poi ad un comando di Sandokan l’incrociatore virò di bordo, accostandosi ad una barriera d’altissime scogliere che formavano un braccio di mare fra esse e la costa. Ormai tutti erano convinti che una disgrazia fosse toccata alla povera nave.

— Attivate i fuochi! — aveva comandato Sandokan. — Se giungiamo in tempo, faremo pagar caro agl’Inglesi questo colpo di mano!...

— Che ci raggiunga la squadra degli alleati?... — chiese Tremal-Naik a Yanez.

— Dobbiamo avere un vantaggio d’una dozzina d’ore almeno — rispose il portoghese. — Giungerà troppo tardi.

La nave filava come una rondine marina. Tonnellate di carbone venivano precipitate nei forni, sprigionando un calore così intenso che macchinisti e fuochisti penavano a sopportare.