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sul cui tetto a punta sventolava uno straccio rosso, l’avanzo di qualche bandiera inglese.

Aprì la porta ed invitò l’inglese, Yanez e Darma ad entrare; poi, mentre i suoi uomini armavano precipitosamente i fucili, volgendosi verso un vecchio che stava fumando in un angolo, presso la finestra, gli chiese, indicandogli Yanez:

— Signor governatore, conoscete quest’uomo? Guardatelo bene e ditemi se non è uno di quelli che ci rubarono la provvista di carbone affidataci dal Governo inglese.

— Ah, briccone! — esclamò il portoghese, furioso.

Il vecchio si era prontamente alzato guardando Yanez, il quale già con la sua invettiva si era tradito.

— Sì, è lui che ci ha imposto la consegna del carbone! — gridò il governatore. — Ora non ci sfuggirai, mio caro, e ti faremo appiccare dai marinai inglesi e sull’albero più alto della loro nave. Pirata!

— Io pirata! — esclamò Yanez alzando il pugno.

Sir Moreland fu pronto ad intervenire.

— Nessuna violenza quando si trova qui un capitano di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra.

Il vecchio che pareva non si fosse nemmeno accorto, fino allora, della presenza dell’anglo-indiano, lo guardò con stupore.

— Chi siete voi? — chiese.

— Guardate l’abito che indosso ed i gradi che brillano ancora sulle mie maniche.

— È approdata la vostra nave?

— La mia è stata affondata dopo un terribile combattimento, al largo di Mangalum, dalle artiglierie del corsaro.

— Non appartenete a quella che ci è stata segnalata ieri sera?

— No, perchè sono stato raccolto sulle scogliere dell’isolotto.

— Insieme a quest’uomo? — chiese il governatore, il cui stupore aumentava.

— Sì, insieme a lui ed a questa miss, salvata da noi durante l’uragano.

— E voi, capitano inglese, eravate insieme ai corsari! Là, là! Voi siete un ben abile commediante, ma io non sono così sciocco da credere alle vostre chiacchiere.

— Ci aveva prima narrato di essere naufragato — disse uno degli isolani.

— Vi affermo, sul mio onore, che io sono James Moreland,