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il mistero del poeta 259

verito fratello, non sapendo... non potendo... era una cosa convenuta fra la signorina e me...

Forse aveva preparato un esordio, ma per effetto della commozione o del suo naturale imbarazzo, si smarrì nella prima frase, rinunciò all’esordio.

— Insomma — diss’egli, buttando fuori, frettolosamente e senza guardarmi, le sue conclusioni, — con me la sua vita sarebbe stata più sicura.

Più sicura? Era una visione d’orrore ch’egli mi levava in faccia così.

— Questo — esclamai — è in mano di Dio!

Parve che la passione del mio grido si apprendesse a lui.

— Sì signore! — mi rispose balzando in piedi. — Più sicura! Questo è vero! Questo Lei non lo può sapere?

Sapevo benissimo ciò che voleva farmi intendere e la credetti una vendetta della sua gelosia. Tentava egli avvelenarmi l’avvenire? Lo interruppi con ira, ne lo accusai. Egli protestò, convulso, pallido come un morto. Replicai, mi rispose. Suo fratello saltò in camera, si cacciò fra