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— Che vuoi? Che vieni a fare qui? — gridò con voce turbata.

L’avvocato e compare Santi si voltarono. E, riconosciuta la vedova di Rocco Criscione, si tirarono da parte.

Vestita a lutto, avviluppata nell’ampia mantellina di panno nero che le copriva la fronte, lasciando scorgere, tra le falde tenute strette con le due mani sul mento, appena gli occhi il naso e la bocca, la donna non fece un passo nè un movimento. Rispose quasi sottovoce:

— Sono venuta per qualche notizia, se mai....

Quell’atteggiamento e il tono della voce dovettero irritare maggiormente il marchese.

— Sono forse il giudice istruttore io? — esclamò con stizza. — Ne so quanto te, quanto gli altri!

E, a un tratto, accortosi che le dava del tu, si morse le labbra, tentò di frenarsi:

— Si farà la causa alle Assise, in Caltagirone.... Sarete chiamata. Ci saranno tre avvocati da parte vostra. E questo qui — soggiunse il marchese indicando don Aquilante — vale per dieci! Alle spese penso io. Non c’è bisogno che veniate a stimolarmi, a sollecitarmi.... Che posso fare più di quel che ho fatto e faccio? Era vostro marito; ma era anche il mio fattore, la mia mano destra, come diceva or ora compare Santi; ed io l’ho pianto e lo piango più di voi.... Che bisogno c’è di venire qui?... Ve l’ho detto e ridetto: È inutile venire da me!