Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/205


― 201 ―


La spianata del Castello formicolava di persone d’ogni classe accorse ad osservarle come spettacolo nuovo e inatteso. — Sarebbero rimaste ferme là? — Si sarebbero disperse? — Che attendevano ormai per farsi avanti e dirompersi in pioggia? —

Dense, nerastre, bianchicce agli orli, esse si distendevano, si avvolgevano, si allungavano, si confondevano insieme, formando un cupo velario sul fil dei colli di Barrese.

— Non si muovono; hanno paura di noi che stiamo a guardarle — disse un vecchio contadino; e rise.

Ma nessuno rise con lui. Tutti erano intenti a seguire con occhi ansiosi le instabili forme che, lente lente, si andavano mutando, agglomerandosi qua, assottigliandosi là; e le labbra mormoravano preghiere, voti, esortazioni a le capricciose che non si decidevano a prendere il volo per venire a spargere il lor fecondo tesoro di pioggia su quelle terre laggiù, languenti di sete, invocanti dalle mille fenditure, simili a bocche riarse, il refrigerio di qualche stilla d’acqua e da lunghi mesi, incessantemente.

Poi, una delle nuvole più lievi si staccò, si avviò come nave di avanguardia, sùbito seguita da un’altra e da una terza; e le palpebre di quegli occhi che stavano a spiarne ogni movimento cominciarono a battere frequenti dalla profonda commozione; e quei cuori, tremanti per la dubbiosa aspettativa,