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E quantunque gli titubasse in fondo al cuore lo sgomento delle cose misteriose che invade, in certi momenti, fin gli uomini più intrepidi, non aspettò che don Aquilante gli rispondesse.

— Intanto, — riprese subito, — per farvi vedere che non sono, come dite, irragionevole, mi dichiaro pronto a contentarvi. Vedere e toccare con mano, s’intende! E così non ne riparleremo più.... Purchè non ci siano pratiche difficili e troppo lunghe; non ho tempo da perdere. E spero di rendervi il gran servizio di togliervi di testa queste corbellerie.

— Lo fate per curiosità, o con animo ostile?

— Mettete le mani avanti? Agisco in buona fede, ve lo assicuro; più per voi che per me. Vedrete. Vi passeranno pure gli scrupoli, i rimorsi.

— Eccolo! — esclamò don Aquilante. — Non ha atteso la chiamata.

Istintivamente, il marchese girò gli occhi attorno. Il cuore gli batteva forte, la lingua gli si era tutt’a un tratto inaridita.

— State in orecchio! — La voce di don Aquilante era diventata cavernosa. — Darà un segnale della sua presenza.

Il pallore, il lieve trèmito che gli agitava la testa e le mani, la voce alterata mostravano che don Aquilante non era davvero nello stato ordinario.

E il marchese tendeva l’orecchio, trattenendo il respiro.