Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/100


― 96 ―

che cosa avrei fatto. Avrei perdonato forse, li avrei sciolti dal giuramento.... Invece....

— E della legge di Dio non vi ricordavate mai?

— Voi siete un santo; non potete intendere! Ella giunse fino a non nascondermi che colui le faceva pena; fino a pretendere che le apparenze fossero conservate anche davanti a lui!... Me la sentivo sfuggire di mano; perdevo la testa pensando all’infame tradimento che quei due mi avevano fatto o stavano per farmi. Ingrati! Spergiuri! Dissimulavo tuttavia. Volevo essere certo.... O tutta mia, o nè mia nè di altri! Pensiero fisso che mi ribolliva nel cervello, e mi offuscava la ragione.... E quando mi parve di non poter più dubitare.... È avvenuto così!... L’ho ammazzato per questo!... Se lo meritava!

E la durezza dell’accento con cui il marchese aveva pronunziato queste ultime parole vibrò in quell’intervallo di calma come uno scoppio di frusta e parve riempire la cameretta.

Pallidissimo, con la testa china, gli occhi socchiusi pieno di terrore e di compassione, il prete aveva ascoltato il penitente, quasi dimenticando la sua funzione di confessore. Quella gran miseria umana, di cui egli ignorava i bassi avvolgimenti e le angosce, gli faceva stillare dalle palpebre cocenti gocce di lagrime che gli cascavano su una mano. Mai, da confessore, gli era accaduto un caso che avesse avuto almeno qualche lontana somiglianza con questo. E