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Non riguardai mai la carta del classico Stivale sbrandellato, come Dio vel dica, in tanti tocchi e si disuguali, secondo l’altrui ghiribizzo, senzachè mi spuntasse nella mente un lieto riflesso.

La natura che nel mettere al mondo gl’Italiani s’è quasi sconciata per loro apprestare la sede, si è piaciula di cingerla degli altissimi baluardi alpini, e separarla da ogni altra terra col mare, dandole cosi forma scolpita e quasi personale esistenza. Nè alcuno interno spartimento fu cagione agli Italiani di scindersi in varie popolazioni; e l’Appennino, che tutta corre la penisola, non è ostacolo insormontabile agl’inquilini de’ due versanti di porgersi la destra. Le divisioni che esistono, sono tutte a capriccio, segnate o dal talento brutale dell’età di mezzo, o dalla mano tremante della diplomazia, che disfà ciascun giorno il lavoro compiuto ieri. Qui solo una famiglia nutrica il suolo ferace; un linguaggio risuona da notte a meriggio; pugne tutti egualmente amor di gloria derivata dai gesti dei loro maggiori e dalla rimembranza della conquista romana, che giovineggiano nella loro fantasia e ne scaldano il cuore a cento doppi più che i rancori del secolo quartodecimo.

Di che ho preso argomento a ficcarmi in capo che le itale popolazioni emancipate da ogni altra, per ragion geografica e per ragione storica (due potenze più dell’Austria poderose e indomabili), un di o l’altro unificherannosi.