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posteri, se ameranno giustizia, ce ne sapran grado: perchè, al far de’conti, invece di accapigliarci per piati teologici, noi abbiamo appianato e ferrato le vie, collocato aerei fili telegrafici, foggiato macchine a vapore, gittato in mare vascelli a vite, dichiuso gl’istmi, creato scienze, svecchiato leggi, rammansato parti, nutricato poverelli, inurbato barbari, rinsanato paduli e acquitrini, dissodato brojere, senza prender lite, neppure una volta, intorno all’inerranza di un uomo.

Ma cotesto secolo sì faccendiero e sì usuraio del tempo, può esser forzato a negligere per un pochissimo le sue bisogne, e sostare. Se, a mo’ d’esempio, scorge agitazion violenta nei dintorni di Roma e del suo vescovo, agitazione cui nè arti sparvierate di diplomatici, nè sforzi di armati valgono a calmare; se scopre in un cantuccio di una penisola fuoco senza fiamma, e pur non estinto, che ha possanza_d’incenerire in sole ventiquattr’ore tutta Europa; cotesto secolo, cui prudenza è dovere, grave essendo il cómpito che gli spetta, all’agitazion romana si agita, e vuol conoscere che cosa sia.

Che sia? Egli è che que’ buoni messeri del medio evo, Pipino il breve, Carlomagno e la contessa Matilde, sono andati liberali e scialacquati col Papa. Gli han donato terre ed uomini, come portava usanza; che l’uomo riputato essendo mobile vivente della terra, entrava come giunta nel contratto, quasi giunco della carne. E furono sì generosi, non