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perocché li lor maggiori lasciarono loro tutto quello che lasciare poterono, cioè divizie, immagini, e la loro gloriosa memoria; la virtù non lasciarono, chè non poteano: ella sola nè si dà per dono, nè si riceve. Dicono eh*io sono vile, e non d’acconci costumi: perocché con poca cura adorno mio convito, nè non ho niuno giullare1 nè cuoco ho di maggiore vantaggio che’l mio villano. Le quali cose mi piace di confessare, o Quiriti. Perocché dal mio padre e da altri santi uomini io appresi così2 che le dilicate mundicie3 si convengono a femmine, l’affaticare alli uomini; e che a tutti li buoni uomini conviene più di gloria che di ricchezza avere; e che l’arme, non la molta masserizia4, sono ad onore. Ma che dico? Quello che loro diletta, e quello che hanno per sì caro, ciò facciano: eglino tuttora amino, beano5; e là, dove lor gioventude hanno avuto, quivi medesimo menino lor vecchiezza, ne’ conviti, dati ad obbedire alla sozzissima parte del lor corpo. Il sudore, la polvere e altre cotali cose lascino eglino a noi, a’quali queste cose più che li grandi mangiari sono dilettevoli. Veramente ciò non fanno eglino*: chè, poich’eglino di molti mali avranno sè medesimi vituperati, vilissimi uomini, gli guiderdoni de’buoni vanno a tórre. E così ingiuslissiinamente la lussuria e la pigrizia, pessime arti, a coloro, che le servano, non nuocono niente; e alla repubblica, che non ha colpa, sono a grande pestilenzia. Ora, imperocch’io a loro, quanto li miei costumi, non quanto le lor ma|vagitadi, richiedeano, ho risposto; Sì parlerò io alquante parole della repubblica6. Prima di tuito, di Numidia voglio che abbiate buono animo, Quiriti. Perocché quelle cose, le quali fino a questo tempo hanno difeso Giugurta, voi le avete tutte rimosse, cioè avarizia, poco senno, e superbia. Anche l’oste v’è là, la quale sa bene quegli luoghi: ma, se m’ajuli Iddio, più è forte e bontadosa7, che bene avventurosa: perchè grande parte di loro, per avarizia o per stollia di lor duchi, è atterrata e venuta meno. Per la qual cosa voi, ch’avete età militare, sforzatevi meco insieme., e prendete a difendere e onorare la repubblica; e niuno sia, il quale,per la mala ventura degli altri, o per la superbia degl’imperadori, il prenda paura, lo medesimo nell’andare a schiera e nella battaglia, consigliatore e compagno di pericolo, sarò presente con voi; me e voi egualmente in tulle cose tratterò. E certamente con l’ajuto degli

    di nostra lingua, e vale essere in errore, in ingonna; e dicesì ancora andare errato, che vale il medesimo. Il Sacchetti, nov. 1315, disse: e mi pare che voi siate forte errati.

  1. giullare o giù!laro è lo stesso che buffone.
  2. da altri santi uomini ec.) Santo qui sta per buono,pio generalmente, come pure si trova adoperato il latino sanctus.
  3. mundicia c voce antica, del tutto latina, che vale dilicaiczza.
  4. masserizia vai risparmio, mode ronza nello spendere e nel far uso delle cose.
  5. beano per bevano: chè egualmente dicesi bevo e beo.
  6. parlerò io alquante parole ec.) Parlar parole k lo stesso che parlare sempliceme nle, essendo proprietà di nostra lingna il dare a molti verbi n utri un accusativo di un nome della medesima loro significazione. Così si dice viver vita, dormir sonno, e simili: i quali modi, quando si usano a tempo e luogo, aggiungono gratia e leggiadria al dettato.
  7. boni adoso è voce Vieta ed antica, e vale che ha bontà, virtuoso.